Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, attenuante della collaborazione (art. 74 c. 7) e recidiva reiterata: depositata la sentenza n. 201/2023 della Corte Costituzionale
Corte Costituzionale, 9 novembre 2023, sentenza n. 201
Presidente Sciarra, Relatore Viganò
Segnaliamo ai lettori il deposito della sentenza n. 201 della Corte Costituzionale, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 7, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.
Già la sentenza n. 74 del 2016 – si legge nella decisione – «ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della parallela circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, t.u. stupefacenti, che – rispetto al delitto di traffico di sostanze stupefacenti compiuto al di fuori di un contesto associativo – prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti».
Si era in quell’occasione osservato che «l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, t.u. stupefacenti è espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, volta a incentivare, mediante una sensibile diminuzione di pena, il ravvedimento post-delittuoso del reo, rispondendo, sia all’esigenza di tutela del bene giuridico, sia a quella di prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti» e si era aggiunto che «il divieto assoluto di operare tale diminuzione di pena in presenza di recidiva reiterata del reo impedisce alla disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti e così ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perché fa venire meno quell’incentivo sul quale lo stesso legislatore aveva fatto affidamento per stimolare l’attività collaborativa».
Tali considerazioni – osserva la Corte – «non possono non valere anche rispetto alla circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 7, t.u. stupefacenti, che parimenti prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti».
Ad avviso dei giudici costituzionali, «rispetto all’attenuante ora in esame le considerazioni svolte dalla sentenza n. 74 del 2016 valgono a maggior ragione, dal momento che – come l’esperienza del contrasto alle differenti forme di criminalità organizzata nel nostro Paese ha ampiamente mostrato, dagli anni Ottanta in poi – il contributo dei collaboratori di giustizia intranei ai sodalizi criminosi è di grande importanza ai fini della scoperta dell’organigramma dell’associazione e delle sue attività delittuose. Il che è, in effetti, accaduto anche nel caso oggetto del giudizio a quo, come puntualmente evidenziato dall’ordinanza di rimessione».
Di talché «appare contraddittorio che, per effetto del generale divieto introdotto nell’art. 69 cod. pen. dalla legge “ex Cirielli”, questo sostanzioso incentivo alla collaborazione venga meno laddove il potenziale collaboratore sia – come spesso accade, trattandosi di associati a delinquere – già stato più volte condannato».