Ordinanze cautelari, autonoma valutazione da parte del GIP e ricorso alla tecnica del “copia-incolla”: l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Venezia
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Tribunale di Venezia, Sezione distrettuale del riesame, ordinanza, 10 ottobre 2023
Presidente dott. Alessandro Gualtieri, Relatore dott.ssa Lea Acampora
In tema di misure cautelari, segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Venezia ha annullato un’ordinanza cautelare emessa dal GIP ritenendo la stessa nulla ex artt. 292 comma 2 lett. c) e 309 comma 9 c.p.p. per violazione dell’obbligo di “autonoma valutazione” da parte del Giudice ricavabile, in particolare, dal ricorso alla tecnica redazionale del c.d. “copia-incolla” rispetto alla richiesta presentata dalla Procura.
Per costante giurisprudenza – si legge nell’ordinanza – «l’accertamento in ordine all’assolvimento dell’onere motivazionale deve essere effettuato avendo riguardo alla totalità del provvedimento impugnato, il quale, nonostante l’assenza di passaggi motivazionali specificamente dedicati ad uno dei presupposti della misura, risulterà legittimo se dal contesto complessivo risulti comunque evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti ed agli addebiti, di volta in volta, considerati per essi sussistenti».
Ad avviso del Tribunale, tale condizione non è ravvisabile nel caso in esame, «essendo la restante parte dell’ordinanza genetica il frutto di un’opera di “taglia e cuci” della richiesta cautelare, come chiaramente evincibile dall’identità linguistica e grafica dei due atti in molteplici passaggi, dall’assenza di parti motivazionali autonomamente redatte dal Gip nonché dalla presenza – nel testo dell’ordinanza – di numerosi refusi».
A tale ultimo proposito vengono in particolare in rilievo – continua il provvedimento – «i riferimenti ad altri passaggi dell’ordinanza, effettuati citando i numeri dei paragrafi (in realtà riferibili alla richiesta cautelare, non essendo il provvedimento impugnato suddiviso in paragrafi numerati), nonché i richiami al numero delle annotazioni di p.g. allegate all’informativa finale di quest’ultima, le quali, tuttavia, non risultano nemmeno presenti negli atti trasmessi a questo Tribunale (in particolare nel cd che avrebbe dovuto contenere l’intero fascicolo delle indagini, verosimilmente lo stesso trasmesso al Gip con la richiesta cautelare; assenza, questa, che porrebbe anche il problema di un’eventuale perdita di efficacia della misura in atto ai sensi dell’art. 309, co. 5, c.p.p. ma che, alla luce della rilevata nullità dell’ordinanza, appare superfluo analizzare)».
Il Tribunale prosegue osservando come, «pur condividendosi l’assunto per cui l’assenza di originalità linguistica (e quindi la tecnica del c.d. copia-incolla) non determini, di per sé, la violazione dell’obbligo di autonoma valutazione – costituendo solo uno degli elementi da cui desumere l’insussistenza di un effettivo vaglio da parte del giudice – si osserva che, laddove venga utilizzata la suddetta tecnica redazionale, è necessario, affinché l’art. 292 c.p.p. possa dirsi rispettato, che il giudice dia contezza delle ragioni per cui abbia fatto proprio il contenuto dell’atto recepito o richiamato o lo abbia comunque considerato coerente rispetto alle proprie decisioni».
Ebbene, nell’ordinanza impugnata, «a fronte di un massiccio utilizzo della tecnica del c.d. copia-incolla, non sono riscontrabili passaggi motivazionali che consentano di ritenere eseguita un’effettiva disamina, da parte del Gip, degli elementi probatori sottoposti alla sua attenzione e del valore indiziario eventualmente attribuibile agli stessi».
In altri termini, «non è desumibile, dal complessivo contenuto del provvedimento, la conoscenza degli atti del procedimento e, conseguentemente, la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio giurisdizionale, difettando qualsiasi significativo “indice di autonomia” che consenta di ritenere che il Gip, lungi dall’accogliere acriticamente le richieste del PM, abbia effettivamente preso contezza degli elementi posti a fondamento delle accuse mosse agli indagati ed abbia conseguentemente applicato la misura invocata sulla scorta di un consapevole vaglio dei suddetti elementi». Valutazione che, peraltro, «anche alla luce dell’oggetto del procedimento – afferente a c.d. “droga parlata” – sarebbe stata oltremodo necessaria (dovendo in questo caso il giudice della cautela darà conto della rilevanza attribuita alle conversazioni captate)».
In conclusione, «non potendosi ritenere, sulla scorta delle suesposte argomentazioni, che il deficit motivazionale rilevato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari sia stato colmato dal contenuto complessivo del provvedimento impugnato, quest’ultimo andrà dichiarato nullo ai sensi di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 292, co. 2, lett. c), e 309, co. 9, c.p.p. trattandosi, peraltro, di vizio rilevabile d’ufficio dal Tribunale del riesame».