Le “valide ragioni economiche” escludono la rilevanza distrattiva o dissipativa della cessione di beni merce dalla bad company alla good company anche se riconducibili al medesimo nucleo familiare
in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 3 – ISSN 2499-846X
La sentenza n. 5958 del 2024, Sezione Quinta Penale della Corte di Cassazione, pronunciata in data 12 dicembre 2023 – per quanto qui di interesse – ha ad oggetto la valutazione della possibile valenza distrattiva o dissipativa di beni posta in essere attraverso la vendita da parte della società insolvente a prezzo di costo (nello specifico con un rincaro del solo 2%) in favore di una nuova società di famiglia, avente anch’essa lo stesso scopo sociale della cedente.
Nei fatti, l’amministratore di fatto di una società operativa nel settore del commercio di prodotti ittici veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di bancarotta documentale e fraudolenta patrimoniale, per aver, da un lato, tenuto le scritture contabili in modo tale da non permettere la ricostruzione e, dall’altro, distratto o dissipato le rimanenze di magazzino, che venivano cedute ad una società costituita da due suoi figli, ad un prezzo che aveva portato nelle casse della società guadagni irrisori.
Nello specifico la distrazione/dissipazione dei beni sarebbe avvenuta tramite la cessione degli stessi dalla società del padre a quella dei figli – appena costituita ed avente il medesimo oggetto sociale – ad un prezzo di poco superiore a quello di costo (ricarico del 2%), considerato irrisorio dall’accusa e dai giudici di merito. A tali affermazioni di responsabilità i giudici di prime e seconde cure sono pervenuti principalmente ponendo in rapporto la percentuale di ricarico del 2% tra la fallita società e la newco di famiglia con quella normalmente applicata nelle transazioni commerciali negli anni intercorse con soggetti fornitori terzi che ammontava a circa il 50%. Entrambe le sentenze di condanna hanno evidenziato e confermato l’esistenza dell’intento di approfittare del passaggio di beni dalla società poi fallita ad un valore antieconomico in favore della newco, ritenuta la prosecuzione della medesima compagine sociale, in pregiudizio ai creditori della prima.
In particolare, secondo quanto affermato in sentenza d’appello, la vendita così come strutturata dimostrerebbe la sostanziale continuità aziendale tra le due società, con il fine – ritenuto fraudolento – di sottrarre ogni possibile garanzia patrimoniale al ceto creditorio.
Avverso la sentenza di secondo grado la difesa ha formulato una serie di motivi di appello. Per quanto l’argomento qui d’interesse è il secondo motivo meritevole di analisi: con la seconda ragione di censura alla sentenza di secondo grado, la difesa dell’imputato contesta la sussistenza di un’effettiva condotta distrattiva o, quantomeno, dissipativa, sostenendo che il pagamento di un corrispettivo della vendita in favore della nuova società aveva in ogni caso portato alla fallita un guadagno, seppur contenuto. Tale circostanza, sottolinea la difesa, sarebbe da sola sufficiente ad escludere la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato in contestazione.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, considera tale motivo fondato.
Come citare il contributo in una bibliografia:
C. Ferriani, Le “valide ragioni economiche” escludono la rilevanza distrattiva o dissipativa della cessione di beni merce dalla bad company alla good company anche se riconducibili al medesimo nucleo familiare, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 3