ARTICOLIDIRITTO PENALE

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti: irrilevante il fatto che il materiale sia stato inviato a persona che aveva interesse a non alimentare una successiva diffusione

Cassazione Penale, Sez. I, 28 agosto 2024 (ud. 28 marzo 2024), n. 33230
Presidente Rocchi, Relatore Toscani 

In tema di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (cd. “revenge porn”, di cui all’art. 612-ter c.p.), segnaliamo la sentenza con cui la Corte di cassazione si è pronunciata sulla rilevanza penale della condotta di chi abbia inviato materiale fotografico ad una persona – nel caso di specie il figlio della donna coinvolta – che, avendo interesse a non alimentare una successiva diffusione del materiale, non lo avrebbe, con ragionevole certezza, ulteriormente diffuso.

Secondo i giudici di legittimità, «è evidente che integra un invio rilevante ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 612-ter cod. pen. quello che venga effettuato “verso chiunque”, purché senza il consenso della persona ritratta, da parte di chi, “in qualsiasi modo” – fatte salve le condotte che rientrano nella sfera di operatività del primo comma della disposizione – abbia acquisito l’immagine o il video a contenuto sessualmente esplicito».

Il reato – si legge nella sentenza – «è, infatti, configurabile come istantaneo, secondo la lettera normativa, e si consuma nel momento in cui avviene il primo invio dei contenuti sessualmente espliciti, non importa se diretto a familiari della vittima, che possano, eventualmente, avere interesse a non alimentare una successiva diffusione».

Pertanto, «con il primo invio, la diffusione è già avvenuta, per quanto stabilito dalla disposizione incriminatrice, che non fa questione di reiterazione della condotta diffusiva, né quantifica o qualifica in alcun modo la diffusione lesiva del bene protetto; il reato è inserito tra quelli a tutela della libertà morale individuale e si rivolge alla sfera d’intimità personale e della privacy, intesa quale diritto a controllare l’esposizione del proprio corpo e della propria sessualità, in un’ottica di autodeterminazione della sfera sessuale individuale».

Nella stessa sentenza, la Corte ha anche rigettato la tesi del ricorrente – volta a limitare la nozione di “contenuti sessualmente espliciti” soltanto alle immagini o ai video che ritraggano organi genitali – ricordando che tale locuzione «non rimanda evidentemente e necessariamente alla diffusione di video immagini di un organo proprio dell’apparato sessuale-riproduttivo in senso medico-scientifico, né tantomeno allude solo ad un atto sessuale vero e proprio (sulla cui nozione, complessa, molto ci si interroga ai fini dell’integrazione delle diverse fattispecie penali nelle quali essa viene inserita)».

La sessualità di una persona (vittima del reato) – conclude la Corte – «può essere evocata in maniera manifesta anche soltanto attraverso la proposizione di parti del suo corpo “erogene” diverse dagli organi genitali, eppure capaci di richiamare, per il contesto e le condizioni concrete nelle quali vengono ritratte, l’istinto sessuale: tali “zone erogene” possono essere il seno e i glutei, ancor più se nudi ovvero in condizioni di contesto che richiamino il sesso».

Redazione Giurisprudenza Penale

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