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Mancata impugnazione (a seguito di abbreviato), riduzione di un sesto della pena e concessione della sospensione condizionale da parte del giudice dell’esecuzione

Cassazione Penale, Sez. I, 15 ottobre 2024 (ud. 9 luglio 2024), n. 37899
Presidente Di Nicola, Relatore Siani

Segnaliamo ai lettori, in tema di mancata impugnazione a seguito di abbreviato, la sentenza con cui la prima sezione penale della Corte di cassazione ha affermato che il giudice dell’esecuzione non può concedere la sospensione condizionale al condannato nei confronti del quale, per effetto della mancata impugnazione della sentenza resa in esito a giudizio abbreviato, abbia ridotto la pena di un sesto, a norma dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., contenendone la misura nei limiti di cui all’art. 163 cod. pen.

La sospensione condizionale dell’esecuzione della pena – si legge nella decisione – “forma oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione, che la concede o la nega formulando le relativa prognosi, pur quando non sussistano precedenti ostativi, secondo la disciplina fissata dagli artt. 163 e ss. cod. pen.“; in sede esecutiva, “il beneficio può essere concesso solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione, non essendo suscettibile di applicazione analogica la previsione di cui all’art. 671, comma 3, cod. proc. pen.

Diverso – prosegue il collegio – “è il caso previsto ora dall’art. 676 cod. proc. pen. in relazione alla fattispecie della modificazione della pena regolata dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen.: essa afferisce, indubbiamente, a uno snodo peculiare, perché determina la riduzione della pena – come però definitivamente irrogata nel giudizio di cognizione – quale beneficio premiale per la scelta di non proseguire il giudizio stesso in sede impugnatoria“.

È vero – afferma la Corte – “che la riduzione di pena matura prima che la pena stessa venga posta in esecuzione, ponendosi essa a cavallo fra la definizione della cognizione e la promozione della fase esecutiva. Ma resta il dato di fatto che il giudice della cognizione, avendo irrogato una pena detentiva superiore ai limiti fissati dall’art. 163 cod. pen., non aveva, in radice, la possibilità giuridica di formulare la valutazione prognostica di cui all’art. 164 cod. pen. Poi, il giudice dell’esecuzione, operando la riduzione automatica derivante dalla mancata impugnazione per cui aveva optato il condannato, ha determinato una pena inferiore ai suddetti limiti fissati dall’art. 163 cod. pen.

In conclusione, “tale riduzione è intervenuta comunque – e necessariamente – in sede esecutiva, senza che tale postuma modificazione della pena appaia poter influire sugli effetti penali derivanti dalla sua determinazione in sede cognitiva, in mancanza di un’espressa indicazione del legislatore in tal senso“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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