La Cassazione si pronuncia in tema di caporalato (art. 603-bis c.p.) e prestazioni intellettuali
Cassazione Penale, Sez. II, 28 novembre 2024 (ud. 18 settembre 2024), n. 43662
Presidente Pellegrino, Relatore Florit
Segnaliamo ai lettori, in tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (cd. caporalato di cui all’art. 603-bis c.p.), la sentenza con cui la seconda sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sulla possibilità di applicare la fattispecie in relazione a rapporti contrattuali aventi ad oggetto prestazioni intellettuali (nel caso specifico, attività di istruzione secondaria).
Senza necessità di ripercorrere l’intero iter storico relativo all’introduzione della norma – si legge nella sentenza – “è opportuno ricordare che inizialmente l’attenzione all’esigenza di reprimere il fenomeno del caporalato nel mercato del lavoro dei braccianti agricoli si esprimeva in una norma strutturata solo sulla fattispecie specifica dell’intermediazione illecita e che solo a distanza di cinque anni, con disposizione inserita in una legge dedicata al settore agricolo, fu ampliata e ristrutturata per ricomprendervi altresì le condotte di chi direttamente utilizza, assume o impiega manodopera … sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno“.
Né – prosegue la pronuncia – “si può dire che la norma possa essere estesa per punire fattispecie originariamente non ipotizzate dal legislatore poiché vi osta, non tanto il divieto di interpretazione analogica nel settore penale, quanto la collocazione della disposizione ed il testo stesso della norma“.
Sotto il primo profilo, “la disposizione, nella specifica declinazione applicata nel caso concreto, è stata introdotta da una legge mirata al “contrasto ai fenomeni … dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” ed è inserita in un tessuto normativo costituito da reati come la riduzione in schiavitù, la tratta di persone, il traffico di organi prelevati da persone vive (oltre che prostituzione e pornografia minorile), vale a dire reati che colpiscono, su una scala elevatissima, la personalità individuale, fino al punto di annullarla“.
Infine, “è il dato testuale a precludere l’applicazione della norma a categorie di lavoro che, avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano in radice dalla categoria dei lavori manuali, siano essi in ambito agricolo o artigianale o industriale. La norma infatti si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di ‘manodopera’, termine semanticamente legato alla manualità e generalmente alla prestazione di lavoro privo di qualificazione (tanto che, ove le qualità manuali e realizzative aumentino, si parla di “manodopera specializzata”), nome collettivo all’interno del quale l’individuo e le sue capacità perdono significato a fronte della potenzialità produttiva che il gruppo di lavoratori può esprimere“.
Tutto ciò – si conclude – “è estraneo al lavoro intellettuale, tanto se esercitato in forma subordinata che nella libera professione, poiché l’intelletto ed il suo uso costituiscono elemento identitaria ed individualizzante che non può essere svilito, disperdendolo nella categoria generica della manodopera“.