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Alle Sezioni Unite la configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva

Cassazione Penale, Sez. IV, Ordinanza, 21 novembre 2024 (ud. 19 settembre 2024), n. 42614
Presidente Dovere, Relatore Cirese

Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: “se il reato di cui agli artt. 438, comma 1 e 452, comma 1, n. 2 cod. pen. possa essere realizzato anche in forma omissiva“.

Il tema oggetto del dubbio ermeneutico – si legge nell’ordinanza – «è se la condotta tipica descritta dagli artt. 438 e 452 cod. pen. ammetta la forma omissiva»; tema che involge anche alcune categorie generali dell’illecito penale e la cui configurabilità è stata negata «da due sole pronunce».

In particolare, «una sentenza del 2017 – in un caso in cui l’addebito contestato all’imputato, nella sua qualità di dirigente della società deputata alla gestione dell’acquedotto civico di un comune, era quello di avere cagionato, per colpa, la distribuzione per il consumo di acque per uso potabile pericolose per la salute pubblica, così determinando l’insorgere di una epidemia nella popolazione locale – aveva affermato che la norma evoca, all’evidenza, una condotta commissiva a forma vincolata di per sé incompatibile con il disposto dell’art. 40, comma 2, cod. pen., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera, ovvero a quelle la cui realizzazione prescinde dalla necessità che la condotta presenti determinati requisiti modali».

Ritiene questo Collegio – si legge nell’ordinanza – «che tale tesi debba essere superata in favore di un’interpretazione più ampia che ammette la realizzazione del reato di epidemia colposa anche in forma omissiva».

In primis – prosegue il collegio – «va considerato il dato letterale, in quanto la norma non sembra precludere una ricostruzione della tipicità aperta anche alla forma omissiva. E’ utile rammentare quanto di recente ribadito anche dalle Sezioni Unite civili, ovvero che l’attività interpretativa giudiziale è segnata, anzitutto, dal limite di tolleranza ed elasticità dell’enunciato, ossia del significante testuale della disposizione che ha posto, previamente, il legislatore e dai cui plurimi significati possibili (e non oltre) muove necessariamente la dinamica dell’inveramento della norma nella concretezza dell’ordinamento ad opera della giurisprudenza stessa».

In secondo luogo, «sembra al Collegio possibile attribuire alla locuzione in esame un significato conducente alla tipicità delle condotte omissive. In consonanza con un orientamento dottrinario che ormai si fatica a definire minoritario, si conviene che il termine “diffondere” è espressione dal significato molto ampio che può ricomprendere le forme più diverse, non necessariamente implicanti un agire naturalistico positivo in quanto si può diffondere anche “lasciando che si diffonda”».

Né – si aggiunge – «si può omettere di considerare il mutato contesto storico e sociale in cui si trova ad operare l’odierno interprete rispetto al legislatore del 1930, al quale si presentava lo spargimento di germi come prioritaria modalità di realizzazione del reato sul versante doloso; mentre è palese l‘attuale rilevanza della gestione del rischio sanitario che si correla a condotte inosservanti per lo più colpose».

Redazione Giurisprudenza Penale

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