Riflessioni sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma che ha abrogato il delitto di abuso d’ufficio
in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 12 – ISSN 2499-846X
Come è noto, l’art. 1, comma 1, lettera b), della Legge 9.8.2024, n. 114, ha espressamente abrogato l’art. 323 c.p. che reprime(va) il delitto di abuso d’ufficio.
Chi scrive, in accordo con una rilevante parte della dottrina, ritiene che la determinazione del Parlamento non sia per nulla condivisibile. L’abrogazione, infatti, non solo ha prodotto un evidente vuoto di tutela, soprattutto per quel che concerne il c.d. abuso in danno e la forma omissiva del delitto, ma è stata motivata da premesse erronee e non pertinenti, in contrasto con le ragioni che devono (rectius: dovrebbero) guidare il legislatore nella decisione di apprestare o di conservare oppure di eliminare una fattispecie incriminatrice posta a presidio di beni giuridici rilevanti. Ma, naturalmente, il profilo concerne l’opportunità politica dell’espunzione della fattispecie dell’abuso d’ufficio, non anche la sua (consequenziale) illegittimità costituzionale.
Tema, quest’ultimo, del quale si sono finora occupati, con decisioni di segno discrepante, alcuni giudici investiti della relativa questione (e non è difficile prevedere che altre ne seguiranno).
In particolare (senza alcuna pretesa di completezza), hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale il Tribunale di Firenze, il Tribunale di Busto Arsizio, il G.U.P. di Locri, il Tribunale di Bolzano, il Tribunale di Teramo e quello di Catania. Hanno, invece, respinto la questione il Tribunale di Reggio Emilia la Corte di Appello di Cagliari.
Va subito anticipato che il principale problema che si pone concerne i poteri della Corte costituzionale in relazione a decisioni di illegittimità che comportino effetti in malam partem in materia penale. Detto in altri termini, la disputa ha ad oggetto l’ammissibilità di una dichiarazione di incostituzionalità di una legge che ha abrogato (in parte o del tutto) una norma penale incriminatrice, dichiarazione che, avendo quale necessaria conseguenza la reviviscenza della medesima norma penale, sembrerebbe porsi, almeno a prima vista, in contrasto col principio di riserva di legge stabilito dall’art. 25 Cost. (“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge […]”).
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Ravenna, Riflessioni sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma che ha abrogato il delitto di abuso d’ufficio, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 12