Ricusazione del giudice della prevenzione che abbia in precedenza adottato un provvedimento di restituzione degli atti all’organo proponente: sollevata questione di legittimità costituzionale
Cassazione Penale, Sez. VI, Ordinanza, 4 dicembre 2024 (ud. 10 settembre 2024), n. 44504
Presidente Aprile, Relatore D’Arcangelo
Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 c. 1 lett. a) – in relazione all’art. 36 c. 1 lett. g) c.p.p., che richiama l’art. 34 c.p.p. – nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento la restituzione degli atti all’autorità proponente ai sensi dell’art. 20 c. 2 d. lgs. n. 159/2011 (secondo il quale, «prima di ordinare il sequestro o disporre le misure di cui agli articoli 34 e 34-bis e di fissare l’udienza, il tribunale restituisce gli atti all’organo proponente quando ritiene che le indagini non siano complete e indica gli ulteriori accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 per l’applicazione del sequestro o delle misure di cui agli articoli 34 e 34-bis“).
Il pregiudizio per l’imparzialità e la neutralità del giudice – si legge nell’ordinanza – «può essere determinato anche dalle valutazioni espresse nel provvedimento di restituzione degli atti all’organo proponente ai sensi dell’art. 20, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011: questo provvedimento può, infatti, esprimere una valutazione positiva sul merito della proposta (e, segnatamente, non solo sulla pericolosità del proposto, ma anche sulla sproporzione patrimoniale), che non conduce all’accoglimento del sequestro solo per minimali carenze istruttorie, segnalate dal tribunale all’organo proponente».
L’apprezzamento di merito svolto dal tribunale nel restituire gli atti – prosegue il collegio – «può, dunque, essere così incisivo da risolversi, sotto il profilo sostanziale, in una sorta di provvedimento di accoglimento condizionato all’integrazione delle lacune probatorie o, comunque, in una anticipazione del futuro accoglimento, una volta emendate le carenze riscontrate».
Ne consegue che «se, dunque, il tribunale chiamato a giudicare della proposta dell’applicazione della misura di prevenzione è composto da alcuni o da tutti i giudici che hanno adottato il provvedimento di restituzione degli atti, l’indipendenza del giudice è obiettivamente vulnerata, in quanto è condizionata dalla “forza della prevenzione” ossia dalla “tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda”».