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Affettività in carcere: la richiesta di colloqui intimi non costituisce una mera aspettativa ma una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari

Cassazione Penale, Sez. I, 2 gennaio 2025 (ud. 11 novembre 2024), n. 8 
Presidente Mogini, Relatore Masi

In tema di affettività in carcere – tema su cui, come è noto, è recentemente intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 10/2024 – segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la decisione con cui il magistrato di sorveglianza di Torino aveva dichiarato inammissibile la richiesta di un colloquio intimo, avanzata da un detenuto, ritenendo che ciò rappresentasse una mera “aspettativa” e non un diritto.

Secondo i giudici di legittimità, «non può ritenersi che la richiesta di poter svolgere colloqui con la propria moglie in condizioni di intimità, avanzata dal detenuto ricorrente, costituisca una mera aspettativa, essendo stato affermato che tali colloqui costituiscono una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari e possono essere negati, secondo l’esplicito dettato della sentenza della Corte costituzionale, solo per ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina ovvero per il comportamento non corretto dello stesso detenuto o per ragioni giudiziarie (in caso di soggetto ancora imputato)».

Il reclamo proposto dal detenuto ricorrente, pertanto, «non doveva essere dichiarato inammissibile ma, essendo relativo all’esercizio di un diritto che il detenuto riteneva illegittimamente pregiudicato dal comportamento dell’istituto penitenziario di appartenenza, doveva essere valutato dal magistrato di sorveglianza ai sensi dell’art. 35-bis Ord. pen.».

Redazione Giurisprudenza Penale

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