La giurisprudenza in tema di morte conseguente a speronamento di uno scooter
Cassazione Penale, Sez. I, 15 settembre 2022 (ud. 1° luglio 2022), n. 34032
Presidente Tardio, Relatore Russo
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al caso di morte conseguente a speronamento di uno scooter da parte di un’autovettura, una sentenza del 2022 – pronunciata in un caso di cd. “vendetta stradale” (da intendersi come quelle situazioni in cui «un’autovettura viene utilizzata come un’arma») – con cui la prima sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sui criteri distintivi tra omicidio colposo e doloso, nonché sulla possibile riqualificazione in omicidio preterintenzionale.
In primo grado l’imputato era stato condannato a 6 anni e 8 mesi per omicidio colposo, avendo il giudice ritenuto che non vi fosse il dolo di omicidio e che l’investimento fosse stato soltanto il frutto di una manovra imprudente dovuta alla concitazione del momento. In appello l’imputato era stato, invece, condannato a 11 anni e 4 mesi per omicidio volontario perché i giudici di secondo grado avevano considerato lo speronamento volontario e determinato dal desiderio di vendetta.
Con la sentenza qui allegata la Cassazione ha confermato, sul punto, la sentenza di secondo grado, sposando la tesi dello speronamento volontario e non accidentale, offrendo spunti interessanti in tema di ricostruzione dell’elemento soggettivo.
È stato anzitutto ritenuto irrilevante l’argomento difensivo relativo alla paura, da parte di chi guidava la macchina, di essere a sua volta inseguito da altri componenti del gruppo cui facevano parte chi si trovava sullo scooter: «l’argomento difensivo è in sé corretto in fatto – potendosi sostenere che l’imputato pensasse a sua volta di essere inseguito – ma non decisivo per la soluzione della questione, perché la paura di essere colpiti da altro motoveicolo che proveniva da dietro non ha impedito all’imputato di vedere distintamente la Vespa davanti a sé».
Con il materiale probatorio a disposizione dei giudici – prosegue la Corte – «è davvero difficile seguire l’imputato (che sostiene di aver distolto l’attenzione dalla Vespa, pur avendola davanti a sé) quando, invece, è coerente con le regole della logica sostenere che la Vespa abbia catalizzato a quel punto l’attenzione del ricorrente, che si è concentrato su di essa, e non ha resistito alla tentazione di sfruttare la differenza di peso e di velocità tra i due veicoli per regolare i conti con i suoi oppositori, che fino a quel momento, sfruttando la circostanza di essere in gruppo, lo avevano costretto ad uno scontro impari da cui stava uscendo perdente».
Quanto alla riqualificazione in omicidio preterintenzionale, secondo la Corte «ritenere che fosse verosimile che lo speronamento della Vespa, pur volontario, non fosse direttamente orientato a cagionare la morte dei due giovani non è un argomento in contraddizione con la condanna per omicidio volontario, dal momento che, pur se non c’era nell’imputato l’intenzione di uccidere, il normale bagaglio di conoscenze dell’uomo medio avrebbe dovuto portare a ritenere come prevedibile che l’investimento di un motociclo a circa 70 km/h potesse cagionare la morte degli occupanti».
A giudizio dei giudici di appello, quindi, «il guidatore si era rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento morte e si era determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato della propria azione».
La sentenza d’appello «ha tratto la sussistenza del dolo dell’evento morte dal normale bagaglio di conoscenze dell’uomo medio in punto di conseguenze per la persona a bordo di un motociclo di un impatto a circa 70 km/h: pur se motivata soltanto sul normale bagaglio di conoscenze dell’uomo medio, si tratta, però, di una conclusione conforme agli approdi cui è giunta la giurisprudenza di legittimità in fattispecie simili».
La Corte prosegue evidenziando che «la regola di esperienza costituita dal normale bagaglio di conoscenze dell’uomo medio è un criterio di giudizio sulla esistenza o meno del dolo dell’evento che ha superato lo scrutinio della Corte di legittimità, che ha ritenuto che si configura il delitto di omicidio volontario – e non quello di omicidio preterintenzionale – quando la condotta, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte dell’agente anche solo dell’eventualità che dal suo comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo».
Quando hanno base razionale ed esprimono una relazione non di mera verosimiglianza o di plausibilità – si legge nella pronuncia – «le regole di esperienza, sulla base delle quali vengono giudicati i comportamenti umani e le conseguenze che esse cagionano, per quanto abbiano base presuntiva, rispettano anche il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio».
Il processo di formazione del dolo – conclude il collegio – «è tanto più rapido ed immediato quanto più il mezzo utilizzato dall’agente è univocamente idoneo a determinare la causazione dell’evento; è invece naturalisticamente più lento quando l’agente si serva di un mezzo atipico, come avviene nei casi della c.d. vendetta stradale, ovvero, dell’utilizzo di un’autovettura quale arma, atteso che il tamponamento non è, di per sé, associabile con immediatezza alla morte del soggetto tamponato».