Caso Ilva: le motivazioni con cui la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di alcune parti civili contro la sentenza della Corte di Assise di Appello
Cassazione Penale, Sez. I, 27 gennaio 2025 (ud. 17 dicembre 2024), n. 2970
Presidente Siani, Relatore Centofanti
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al caso Ilva, le motivazioni con cui la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di alcune parti civili (Codacons e Associazione Art. 32-97 AIDMA) contro la sentenza con cui la Corte di Assise di Appello di Lecce ha annullato, ai sensi dell’art. 24 c.p.p., la sentenza della Corte di Assise di Taranto (con contestuale trasmissione degli atti, per competenza, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza).
Anzitutto, i giudici hanno rigettato la richiesta – avanzata dalle parti civili ricorrenti – di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite, non ritenendone sussistenti i presupposti: “da un lato, la speciale importanza delle questioni non rappresenta più, in questa fase, un parametro pertinente; dall’altro, le questioni non sono affatto controverse nella giurisprudenza di legittimità, né si profila dunque l’ipotesi del contrasto, reale o potenziale, con precedenti decisioni“.
Quanto al merito del ricorso, “è ben noto alle stesse ricorrenti – e deve essere qui fermamente ribadito – l’incontrastato orientamento espresso da questa Corte, alla luce del non equivoco tenore letterale dell’art. 568 c. 2 c.p.p. secondo cui la sentenza con la quale il giudice dichiari, in primo grado o in appello, la propria incompetenza per qualunque causa (e disponga trasmettersi gli atti alla Procura ritenuta competente) è insuscettibile di impugnazione in cassazione“.
La ragion d’essere – si legge nella sentenza – “è ravvisabile nell’opportunità, apprezzata dal legislatore, di devolvere a controllo, dinanzi all’organo giudiziario di vertice, le pronunce sulla competenza, ma di prevedere l’attivazione di tale controllo, almeno in via preferenziale, attraverso la denuncia di conflitto, sottraendo così il regolamento della competenza all’osservanza dei modi, dei termini e delle altre formalità proprie del giudizio di impugnazione, la cui mancata ottemperanza potrebbe comportare, a dispetto dell’interesse pubblico processuale coinvolto, il consolidamento di soluzioni contrarie all’assetto normativo vigente“.
Ad avviso della Corte, “l’assetto legislativo così delineato non si espone a criticità meritevoli di essere sottoposte all’attenzione della Corte Costituzionale“.
Vano “è sicuramente il tentativo di istituire un parallelo, incidente sul principio di uguaglianza e causalmente efficiente sul suo rispetto, tra il processo penale e quello civile: quest’ultimo è incentrato sulla tendenziale disponibilità degli interessi in gioco, sicché l’ammissibilità dell’impugnazione è, nel suo ambito, filtrata dal criterio della soccombenza, che costituisce anche il parametro alla cui stregua misurare il sottostante interesse“.
ll processo penale – si conclude – “è volto, viceversa, al perseguimento di un primario interesse pubblicistico, che ne scandisce il corso e al quale si rapporta la disciplina delle impugnazioni. E poiché l’azione civile, inserita nel processo penale, assume in esso carattere solo eventuale, accessorio e subordinato, essa deve subire le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla missione del processo medesimo, prioritariamente diretto all’accertamento dei reati“.