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Violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: ne risponde anche chi consente che la persona offesa “volontariamente gli si avvicini”

Cassazione Penale, Sez. VI, 6 febbraio 2025 (ud. 15 gennaio 2025), n. 4936
Presidente De Amicis, Relatore Ianniciello

Segnaliamo, in tema di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis cod. pen.), la sentenza con cui la sesta Sezione penale ha affermato che risponde del delitto anche chi, essendo sottoposto alla misura cautelare impositiva di tale vincolo personale, consente che la persona offesa volontariamente gli si avvicini, attesa l’esigibilità del concreto esercizio dello ius excludendi e l’esigenza di conformarsi al criterio di «priorità alla sicurezza delle vittime e delle persone in pericolo», enunciato dall’art. 52 della Convenzione di Istanbul.

L’obbligo di evitare ogni possibile contatto con la persona offesa e la prescrizione di mantenere una distanza minima – si legge nella sentenza – «trovano applicazione anche nel caso in cui non sia l’indagato a cercare volontariamente l’incontro con la vittima: ciò perché la misura cautelare in questione – per quanto incida sensibilmente sulla libertà di movimento dell’indagato – presenta pur sempre un indubbio profilo di favore per l’indagato, che vedrà una limitazione minore dei propri diritti e delle proprie libertà, essendo l’alternativa rappresentata dalle misure cautelari custodiali ex artt. 284 e ss c.p.p.».

La persona offesa – prosegue la decisione – «deve potere godere di tranquillità e di libertà di frequentazione dei luoghi e di potersi muovere liberamente con la certezza che il soggetto che minaccia la sua libertà fisica o morale si tenga a distanza, essendo obbligato all’allontanamento anche in caso di incontro fortuito».

Nel caso specifico, «se non era esigibile la condotta di lasciare la propria abitazione era, nondimeno, esigibile lo ius excludendi: l’imputato, stando alla ricostruzione fattuale operata dai Giudici di merito, ha consentito alla vittima di entrare nella sua abitazione e l’ha ospitata per l’intera giornata e/o addirittura, verosimilmente, per alcuni giorni». In altri termini, «il ricorrente ha, scientemente e volutamente, stabilito un contatto diretto e ravvicinato con la giovane donna, “cooperando” nella violazione ab initio effettivamente riferibile alla persona offesa e approfittando della situazione venutasi a creare».

In conclusione, «la preoccupazione principale deve essere quella di garantire la incolumità anche “contro la volontà della stessa persona offesa”: la volontà della vittima non può, dunque, avere efficacia “scriminante” e/o “esimente” né portata “liberatoria” dagli obblighi, “…occorrendo sempre effettuare una corretta valutazione e gestione dei rischi di letalità , di gravità della situazione, di reiterazione dei comportamenti violenti in un’ottica di prioritaria sicurezza della vittima…”».

Redazione Giurisprudenza Penale

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