La riforma del diritto penale dell’ambiente ai sensi della legge 68/2015 e la responsabilità degli enti. Profili comparatistici tra Italia e Stati Uniti d’America. (Tesi di laurea)
Prof. relatore: Désirée Fondaroli
Ateneo: Università degli Studi di Bologna
Anno accademico: 2016-2017
Il presente elaborato si propone l’esame delle rilevanti novità introdotte dalla legge 68/2015 nel codice penale, ove sono state introdotte figure delittuose a tutela dell’ambiente. Prima della legge sugli “ecodelitti”, il diritto penale dell’ambiente era costituito da figure di reato di tipo contravvenzionale, previste dal d. lgs. 152/2006, da leggi speciali e talvolta dall’interpretazione estensiva di fattispecie delittuose contenute nel codice penale e poste a tutela di beni contigui, ma diversi, dall’ambiente, come la salute, la vita o l’incolumità pubblica.
Il legislatore, con la legge 22 maggio 2015, n. 68, ha modificato il codice penale, colmando un vulnus presente da troppo tempo nell’ordinamento e vi ha introdotto il titolo VI-bis nel libro II, che racchiude: il delitto di inquinamento ambientale (452bis), delitto di morte o lesione come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale (452ter), il delitto di disastro ambientale (452quater), delitto di inquinamento e disastro ambientale colposi (452quinquies), il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (452sexies), il delitto di impedimento del controllo (452septies) e quello di omessa bonifica (452terdecies). Sono altresì previste fattispecie aggravanti (452octies e 452novies), una ipotesi di ravvedimento operoso (452decies), di confisca (452undecies) e la condanna alla bonifica, al recupero e ove possibile al ripristino dello stato dei luoghi (452duodecies). La legge 68/2015 ha previsto, all’art. 1 comma 8, la modifica dell’art. 25undecies d. lgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti per i reati ambientali. Con la legge 68/2015, la responsabilità degli enti è ora prevista anche ex artt. 452bis, 452quater, 452quinquies, 452sexies e 452octies.
Non mancano poi ipotesi di infiltrazioni mafiose entro le imprese, fenomeno diffuso soprattutto nelle strutture dedite alle attività di recupero dei rifiuti, considerate alla stregua di normali impianti industriali e dispensate dall’obbligo di richiedere preventive autorizzazioni, consentendo alla criminalità organizzata di infiltrarsi con più facilità.
L’ultima parte dell’elaborato è dedicata alla presentazione del diritto penale dell’ambiente vigente negli Stati Uniti d’America. Un ruolo prioritario è svolto dalla Environmental Protection Agency, istituita nel 1970 e volta a proteggere, migliorare e sviluppare le condizioni dell’ambiente e dei soggetti che lo abitano. Essa deve garantire il rispetto di quanto disposto dalle norme emanate dal Congresso, che tutelano determinate componenti ambientali.
Il complesso di leggi che, se violate, comportano la responsabilità penale in capo al soggetto attivo, comprende: Resource Conservation and Recovery Act, Clean Air Act, Clean Water Act, Toxic Substance Control Act, Federal Insecticide, Fungicide and Rodenticide Act, Comprehensive Environmental Response Compensation and Liability Act, Endangered Species Act. Queste leggi proteggono le risorse idriche e l’atmosfera, le specie animali e vegetali in via d’estinzione, regolano il settore dei rifiuti e l’uso di sostanze pericolose e di pesticidi. La previsione di un’azione penale da esercitarsi previa valutazione della sussistenza di criteri tassativi, con riferimento alle condotte che aggrediscono l’ambiente, trova giustificazione solo giacché le offese all’ambiente, anche qualora non producano vittime concrete e individuali, colpiscano duramente la società.
Il modello statunitense manifesta una spiccata coerenza intrinseca e una notevole efficacia general-preventiva nei confronti dei soggetti che possono violare le normative ambientali e presenta così un’impostazione contraddistinta da incisività, che permette di intervenire severamente per condannare gli autori di fatti penalmente rilevanti e la repressione degli effetti, determinando un perfetto equilibrio fra diritto amministrativo e diritto penale. Il sistema italiano invece, ha dimostrato nel corso degli anni come una tutela solo amministrativa e preventiva, affiancata da fattispecie contravvenzionali e pene bagatellari, imperniate sullo schema del pericolo astratto, non sia in grado di offrire una completa protezione contro le aggressioni dell’ambiente.
Questa inefficienza amministrativa giustifica la l. 68/2015, sulle cui norme si auspicano pronunce giurisprudenziali, volte a chiarire gli incerti contorni tracciati da espressioni contraddittorie, confuse e dall’eccessivo ricorso a formulazioni elastiche, talvolta in contrasto con il principio di tassatività. Per la stesura dell’elaborato, si è fatto ricorso alle più recenti elaborazioni dottrinarie, racchiuse in opere monografiche, in riviste ed in banche dati. Sono state consultate le pronunce giurisprudenziali sia italiane sia della Corte Suprema degli Stati Uniti.