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Sulla natura della competenza (territoriale o funzionale?) della magistratura di sorveglianza

Cassazione Penale, Sez. I, 21 aprile 2017 (ud. 13 dicembre 2016) n. 19385
Presidente Vecchio, Relatore Siani, P.G. Rinaldo

Segnaliamo ai lettori l’interessante pronuncia in commento, recentemente intervenuta in ordine alla controversa natura della competenza (territoriale o funzionale) della magistratura di sorveglianza.

Il condannato, detenuto a Novara, proponeva appello al Tribunale di sorveglianza di Napoli avverso l’ordinanza con cui, provvedendo d’ufficio, il Magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere lo aveva dichiarato delinquente abituale applicandogli la misura di sicurezza della casa di lavoro. Attraverso il proposto gravame, il prevenuto sollevava, altresì, eccezione di incompetenza territoriale del Magistrato di sorveglianza, in ragione del fatto che, come anticipato, egli era detenuto a Novara già all’atto dell’avvio del procedimento in allora incardinatosi presso la circoscrizione di Santa Maria Capua Vetere.

All’esito del rigetto espresso dal Tribunale di sorveglianza di Napoli, il condannato proponeva ricorso per cassazione, chiedendo dichiararsi la nullità del provvedimento impugnato; anche il Procuratore Generale presso la Suprema Corte chiedeva disporsi l’annullamento senza rinvio, con la conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Novara in ordine alla decisione sull’impugnazione proposta avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.

La questione posta al vaglio della Suprema Corte è stata, quanto meno sino ad oggi, oggetto di due orientamenti contrapposti.

Secondo il primo indirizzo (fatto proprio, nel caso di specie, dal Tribunale di sorveglianza di Napoli), la competenza della magistratura di sorveglianza avrebbe natura “meramente” territoriale, con la conseguentemente operatività, anche in questa fase, dei limiti processuali imposti dall’art. 21 c.p.p., in forza del quale l’eccezione di incompetenza potrebbe essere sollevata entro e non oltre la prima udienza di trattazione (allorché, nel caso di specie, detta eccezione era stata formulata con atto di appello).

In forza del secondo orientamento, invece, la competenza in esame avrebbe natura funzionale, con la conseguenza che la stessa non solo sarebbe inderogabile, ma potrebbe, altresì, essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado, compreso quello di legittimità.

Orbene, chiamata a pronunciarsi sul punto, la prima sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto più persuasiva (oltreché maggiormente garantistica per la tutela dello stesso detenuto) l’interpretazione orientata ad inquadrare la competenza de qua come “attratta” nell’ambito di quella funzionale.

Onde comprendere le ragioni e la portata di una simile conclusione, occorre muovere dalla disciplina dettata dall’art. 677, co. I,  c.p.p., in forza del quale la competenza per territorio appartiene primariamente alla magistratura di sorveglianza che abbia giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trovi l’interessato all’atto della richiesta; e ciò, spiega la Cassazione, in ragione di un criterio di prossimità volto ad agevolare i rapporti con l’istituto in cui avviene l’espiazione della pena, così favorendo anche la rieducazione del condannato.

Ciò premesso non ci si può, tuttavia, fermare al solo dato letterale ed alla carenza di specifiche disposizioni in ordine alla proponibilità dell’eccezione di incompetenza nella fase di esecuzione della sanzione penale. Detto altrimenti e più specificamente, “non può annettersi pregio all’obiezione – fondata sul dato puramente letterale della rubrica dell’art. 677 c.p.p. (la quale recita “Competenza per territorio”) – inerente alla rilevanza di tale elemento per addivenire alla qualificazione di questa competenza come pienamente ragguagliabile a quella regolata dall’art. 21 cod. proc. pen.”.

A fronte di tale obiezione, decisivo appare, piuttosto, il rilievo che la competenza della magistratura di sorveglianza si radica in funzione del già rilevato collegamento ordinamentale tra l’ufficio giudiziario e lo stabilimento di pena compreso nella circoscrizione in cui si trova il condannato all’atto della richiesta, della proposta o dell’inizio di ufficio del procedimento. Proprio in forza di tale rilievo, la Cassazione giunge a definire la questione proposta nel senso della natura funzionale della competenza in questione, come tale del tutto compatibile a quella del giudice di esecuzione in cui, peraltro, è compenetrata, oltreché inderogabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

Di talché, considerato che competente ad instaurare d’ufficio il vaglio afferente la pericolosità abituale del condannato doveva essere il Magistrato di sorveglianza di Novara e non (come avvenuto nel caso di specie) quello di Santa Maria Capua Vetere, la Suprema Corte, disattendendo la richiesta formulata dal Procuratore Generale ed in accoglimento del ricorso, ha disposto l’annullamento senza rinvio sia dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli, sia dell’ordinanza resa dal Magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, con la conseguente trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Novara.

Redazione Giurisprudenza Penale

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