Dolo eventuale e colpa cosciente: ancora una pronuncia a seguito di incidente stradale mortale – Cass. Pen. 39898/2012
Cass. Pen., Sez. IV, Sent., 9 ottobre 2012 (ud. 3 luglio 2012), n. 39898
Presidente Brusco, Relatore Dovere
Con la pronuncia numero 39398 dell’ottobre 2012 la Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente nei casi di omicidio stradale.
Ben noto l’orientamento della giurisprudenza: storicamente alla tendenza dei tribunali di merito di qualificare tali ipotesi nei termini di omicidi dolosi – nella forma del dolo eventuale – ha (di regola) fatto seguito la qualificazione da parte della Suprema Corte nei termini di omicidi colposi – nella forma della colpa con previsione.
Solo recentemente – con la nota sentenza n. 10411/2011 – per la prima volta la Suprema Corte ha qualificato come dolosi l’omicidio e le lesioni personali commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale.
Con la pronuncia numero 39898 la Suprema Corte è tornata sull’argomento, qualificando le condotte nella forma della colpa cosciente.
Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come colposa della condotta di un automobilista, il quale – pur versando in condizione di astinenza da assunzione di stupefacenti – aveva causato la morte di quattro pedoni investendoli sul marciapiede, posto che lo stesso, benché conscio di poter causare incidenti in ragione del suo stato mentale, non si era rappresentato l’evento tipico effettivamente realizzato.
Addentrandoci nelle motivazioni, la Suprema Corte prende le mosse riconoscendo come il tema del discrimine tra dolo eventuale e colpa cosciente sia uno tra i più problematici che si propongano all’interprete.
All’interno della giurisprudenza vi è ormai un sufficiente accordo in ordine al criterio dell’accettazione del rischio, per il quale ricorre il dolo eventuale quando l’agente abbia tenuto la condotta tipica nella previsione dell’evento ed accettando la sua verificazione (quale evenienza accessoria al conseguimento dell’obiettivo prefissato), laddove nella colpa cosciente alla previsione dell’evento si accompagna la mancata accettazione dello stesso.
In particolare, si è chiarito che sussiste il dolo eventuale quando “chi agisce non ha il proposito di cagionare l’evento delittuoso, ma si rappresenta la probabilità – od anche la semplice possibilità – che esso si verifichi e ne accetta il rischio” (Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 3428/1992); quando “l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria condotta, e ciononostante agisca accettando il rischio di cagionarle” (Cass., Sez. Un., 14 febbraio 1996, n. 3571); quando l’agente ha “la consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonchè dell’accettazione volontaristica del rischio” (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2003, n. 748/1994).
Continua la Corte osservando che la giurisprudenza di legittimità appare concorde nel ritenere che “l’accettazione non deve riguardare solo la situazione di pericolo posta in essere, ma deve estendersi anche alla possibilità che si realizzi l’evento non direttamente voluto, pur coscientemente prospettatosi… altrimenti si avrebbe la (inaccettabile) trasformazione di un reato di evento in reato di pericolo”. L’esemplificazione portata a sostegno dell’affermazione appare piuttosto calzante: se bastasse l’accettazione di una situazione di pericolo cagionata dalla propria condotta trasgressiva di una regola cautelare, “il conducente di un autoveicolo (che) attraversi col rosso una intersezione regolata da segnalazione semaforica, o non si fermi ad un segnale di stop, in una zona trafficata, risponderebbe, solo per questo, degli eventi lesivi eventualmente cagionati sempre a titolo di dolo eventuale”.
Tale posizione, osservano i giudici, risponde appieno al rilievo dottrinario secondo il quale “perchè sussista il dolo eventuale, ciò che l’agente deve accettare è proprio l’evento – proprio la morte -; è il verificarsi della morte che deve essere stato accettato e messo in conto dall’agente, pur di non rinunciare all’azione che, anche ai suoi occhi, aveva la seria possibilità di provocarlo” (Cass. sez. 4, sent. n. 11222 del 18/02/2010, P.G. e p.c. in proc. Lucidi, rv. 249492).
Correttamente, quindi, la Corte distrettuale ha richiamato la necessità di ricercare l’accettazione del rischio “morte o lesioni di altri soggetti” e, all’uopo, di analizzare la fase finale della vicenda, onde accertare se in essa, anche alla luce di quanto accaduto in precedenza e di quanto seguito, potessero cogliersi le tracce di quella intenzione omicida e lesiva della integrità fisica altrui.
In conclusione, la colpa cosciente – che consiste nella rappresentazione dell’evento come possibile risultato della condotta e nella previsione che esso non si verificherà – si differenzia dal dolo eventuale per il fatto che quest’ultimo si risolve nell’accettazione del rischio di verificazione di un evento necessariamente specifico, non direttamente voluto sebbene rappresentato, sicché non è sufficiente, ai fini dell’integrazione di detto dolo, la generica rappresentazione della situazione di pericolo quale effetto dell’azione posta in essere.
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