La sentenza della Cassazione sulla richiesta di differimento dell’esecuzione della pena nei confronti di Marcello Dell’Utri
Cassazione Penale, Sez. I, 18 maggio 2018 (ud. 19 aprile 2018), n. 22307
Presidente Sarno, Relatore Centofanti
Segnaliamo la sentenza con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva rigettato l’istanza di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica nei confronti di Marcello Dell’Utri, attualmente ristretto in istituto in espiazione della pena di sette anni di reclusione, inflitta per concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
In punto di diritto, la Cassazione ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «deve farsi ricorso al differimento ex art. 147, primo comma, n. 2), cod. pen., anzitutto allorché la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, dovendosi in proposito operare un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività».
Il giudice di sorveglianza – afferma la Cassazione – «è chiamato ad un attento e saggio bilanciamento idoneo a contemperare nel modo migliore gli elevati valori in gioco» attraverso una valutazione che valorizzi «l’esigenza di ricercare un equilibrio – certo in concreto talora difficile – tra certezza della pena, da una parte, e salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall’altra, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza ovvero i modi del reciproco contemperamento».
Sebbene il Tribunale abbia analizzato nel dettaglio le patologie da cui è affetto il condannato sulla base di un accurato accertamento peritale – si legge nella decisione – occorre procedere ad una «rinnovazione del bilanciamento tra i delicati valori in gioco» che tenga conto «dell’evoluzione della situazione sanitaria del condannato»; è necessaria, in altri termini, una «specifica valutazione della più grave diagnosi che colpisce il condannato (con riferimento all’impossibilità di eseguire presso centri clinici penitenziari la radioterapia necessaria)» e delle «ripercussioni dell’aggravamento delle condizioni sanitarie con riferimento all’incidenza dei quotidiani trasferimenti in ospedale rispetto ad un’esecuzione penale da mantenere nei limiti dell’umanità e della rieducazione».