Brevi note in tema di lesioni personali derivanti da mobbing
in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 6 – ISSN 2499-846X
Tribunale di Busto Arsizio, 23 febbraio 2018 (ud. 24 gennaio 2018), n. 68
Giudice Dott.ssa Rossella Ferrazzi
La decisione in commento appare di particolare interesse poiché si occupa di quel particolare gruppo di malattie professionali riconducibili al genus delle patologie da stress lavoro correlato e degli aspetti che connotano tipicamente l’accertamento processuale della responsabilità datoriale, con particolare riferimento all’indagine sul nesso eziologico tra condotta ed evento.
Il caso sottoposto all’attenzione del Giudice di merito concerne un “disturbo dell’adattamento cronico con reazione mista ansioso depressiva, per costrittività organizzativa” diagnosticato ad un dipendente che, dopo aver segnalato agli organi apicali alcune irregolarità e anomalie gestionali dallo stesso riscontrate, lamentava di avere subìto condotte mobbizzanti da parte dei vertici aziendali.
Secondo l’ipotesi d’accusa, il Datore di Lavoro non avrebbe adottato, nell’esercizio dell’impresa, le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del dipendente – in violazione dell’art. 2087 c.c. – contribuendo in tal modo a permettere che fossero realizzati comportamenti mobbizzanti nei confronti del lavoratore, che avrebbero determinato l’insorgenza della malattia.
Pronunciandosi in senso assolutorio sulla responsabilità del Datore di Lavoro, il Tribunale di Busto Arsizio, accertata la sindrome da disadattamento lamentata dal lavoratore e verificata la sussistenza delle condotte contestate al Datore di Lavoro, dopo una rapida disamina dei principi formulati dalla giurisprudenza in ordine alla rilevanza penale del c.d. mobbing, si sofferma sul problema riguardante il nesso di causa tra la malattia riscontrata in capo al dipendente e le condotte ascritte agli organi apicali dell’impresa.
Preso atto che nel caso di specie l’accertamento riguarda una patologia c.d. multifattoriale, il Giudice richiama i principi formulati dalla Corte di Cassazione in ordine alla necessità di procedere “ad una puntuale verifica, da effettuarsi in concreto ed in relazione alle peculiarità delle vicende, del nesso eziologico”.
Aderendo all’insegnamento della Suprema Corte in merito all’iter che occorre seguire per valutare la rilevanza causale del fattore di rischio, il Tribunale evidenzia che “il giudice è dunque tenuto a valutare tutte le evidenze dotate di valore scientifico, emerse in sede dibattimentale che si pongono in rapporto di antagonismo probatorio tra loro, in modo da giungere ad un grado di elevata credibilità razionale in ordine alla ricostruzione del nesso eziologico, non potendosi accontentare di un mero grado di probabilità statistica”.
Alla luce di tali premesse, il Giudice ha riscontrato che il quadro probatorio complessivo risultante dall’istruttoria dibattimentale non consente di affermare, secondo criteri di probabilità logica e credibilità razionale, la sussistenza di un nesso causale o quantomeno concausale tra la malattia e le condotte mobbizzanti di cui all’imputazione.
La pronuncia in commento ha il pregio di riaffermare che l’accertamento della responsabilità penale del datore di lavoro in relazione a patologie di presunta origine tecnopatica, impone al Giudice di adottare un percorso valutativo che non si arresti alla fase di verifica della sussistenza della c.d. “causalità generale”, vale a dire l’esistenza di una legge scientifica di copertura di matrice statistico-probabilistica per la spiegazione del fenomeno.
In applicazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite Franzese e ribadite dalla Corte di Cassazione nella sentenza Cozzini, al fine di raggiungere la prova dell’esistenza di un nesso causale o concausale tra condotta ed evento, occorre ulteriormente declinare i principi della causalità generale nel caso concreto, secondo il metodo della c.d. “casualità individuale”, per verificare se il quadro probatorio relativo allo specifico fatto storico oggetto di procedimento consente di escludere oltre ogni ragionevole dubbio percorsi causali alternativi rispetto a quello ipotizzato.
Come citare il contributo in una bibliografia:
N. Menardo, Brevi note in tema di lesioni personali derivanti da mobbing, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 6