La CGUE: la notifica del Regno Unito di recesso dall’Unione europea (Brexit) non osta all’esecuzione del Mandato di Arresto Europeo (MAE)
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Prima Sezione,
Sentenza 19 settembre 2018, Causa C-327-18 PPU
Segnaliamo al lettore la recente pronuncia da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la quale è stato affrontato il rapporto tra applicazione ed esecuzione del diritto europeo (segnatamente, la procedura sul Mandato di Arresto Europeo) e la intervenuta notifica, ex art. 50 TUE, da parte del Regno Unito di recesso dall’Unione.
La vicenda riguarda un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE da parte di una Alta Corte irlandese, che chiedeva se, alla luce della suddetta notifica, debba darsi o meno esecuzione alle richieste di consegna fondate sulla Decisione Quadro MAE (2002/584/GAI) provenienti dal Regno Unito.
La Corte irlandese osservava infatti che, probabilmente, saranno stipulati accordi tra l’Unione e il Regno Unito per disciplinare le relazioni tra tali parti immediatamente dopo detto recesso o a più lungo termine, in settori come quello oggetto della decisione quadro. Fino ad oggi, tuttavia, tale eventualità resterebbe incerta e la natura delle misure che sarebbero adottate, in particolare per quanto riguarda la competenza della Corte a pronunciarsi in via pregiudiziale, non sarebbe nota.
Il giudice del rinvio individuava così quattro aspetti del diritto dell’Unione che potrebbero teoricamente venir meno con l’effettivo recesso dello Stato inglese, vale a dire:
– il diritto alla deduzione del periodo di custodia scontato nello Stato membro di esecuzione, previsto all’articolo 26 della decisione quadro;
– la cosiddetta regola «di specialità», di cui all’articolo 27 della decisione quadro;
– la norma che limita la consegna o l’estradizione successiva, prevista all’articolo 28 della decisione quadro, e
– il rispetto dei diritti fondamentali della persona consegnata conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Conseguentemente, secondo tale giudice si poneva la questione se, nel caso di una controversia in merito a uno di questi quattro aspetti e in mancanza di misure che conferiscano alla Corte competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sugli stessi, la consegna di una persona determini per quest’ultima un rischio concreto, e non meramente teorico, di ingiustizia, rendendo così la domanda di consegna non meritevole di accoglimento.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Lussemburgo ha affrontato la questione se la mera notifica da parte di uno Stato membro della propria intenzione di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50 del TUE sia in grado di giustificare, in forza del diritto dell’Unione, il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso da tale Stato membro in ragione del fatto che la persona consegnata non potrebbe più, dopo tale revoca, far valere nello Stato membro emittente i diritti conferitigli dalla decisione quadro e sottoporre al vaglio della Corte la conformità al diritto dell’Unione della loro attuazione ad opera di tale Stato membro. (para. 44)
La Corte ha rilevato che una simile notifica non ha l’effetto di sospendere l’applicazione del diritto dell’Unione nello Stato membro che ha notificato la propria intenzione di recedere dall’Unione e che, pertanto, tale diritto, di cui fanno parte le disposizioni della decisione quadro e i principi della fiducia e del riconoscimento reciproci inerenti a quest’ultima, è pienamente vigente in tale Stato fino al suo effettivo recesso dall’Unione (para. 45).
Come emerge, infatti, dai suoi paragrafi 2 e 3, tale articolo 50 prevede una procedura di recesso che comprende, in primo luogo, la notifica al Consiglio europeo dell’intenzione di recedere, in secondo luogo, i negoziati e la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto delle future relazioni tra lo Stato interessato e l’Unione, e, in terzo luogo, il recesso propriamente detto dall’Unione alla data di entrata in vigore del menzionato accordo o, in sua mancanza, due anni dopo la notifica effettuata presso il Consiglio europeo, salvo che quest’ultimo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine (para. 46).
La questione pregiudiziale è dunque stata risolta come segue.
L’articolo 50 TUE dev’essere interpretato nel senso che la mera notifica da parte di uno Stato membro della propria intenzione di recedere dall’Unione europea ai sensi di tale articolo non comporta che, in caso di emissione da parte di tale Stato membro di un mandato d’arresto europeo nei confronti di una persona, lo Stato membro di esecuzione debba rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo o rinviarne l’esecuzione in attesa che venga chiarito il regime giuridico che sarà applicabile nello Stato membro emittente dopo il suo recesso dall’Unione europea. In mancanza di ragioni serie e comprovate di ritenere che la persona oggetto di tale mandato d’arresto europeo rischi di essere privata dei diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, a seguito del recesso dall’Unione europea da parte dello Stato membro emittente, lo Stato membro di esecuzione non può rifiutare l’esecuzione del medesimo mandato d’arresto europeo fintanto che lo Stato membro emittente faccia parte dell’Unione europea.