Detenzione per il commercio di farmaci scaduti. La responsabilità penale del farmacista a valle delle recenti modifiche del testo unico delle leggi sanitarie
in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 12 – ISSN 2499-846X
Tribunale di Roma, Sez. V, 22 marzo 2018
Giudice dott. Daniele Carlino
La sentenza che qui si commenta offre interessanti spunti di riflessione circa la (possibile) depenalizzazione della fattispecie di detenzione in farmacia di medicinali guasti, scaduti o imperfetti a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 3/2018 (c.d. Legge Lorenzin).
La vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale di Roma può esser così brevemente descritta: all’odierno imputato, titolare di una farmacia, veniva contestato di aver “negligentemente lasciato tre confezioni di farmaci scaduti in un armadietto unitamente ad altri farmaci in corso di validità e posti in commercio”; confezioni che, per inciso, avevano scarso valore commerciale e che erano in quantità nettamente trascurabile rispetto all’ammontare complessivo dei prodotti non scaduti.
Ciò premesso, il Tribunale manda assolto l’imputato alla luce delle novità normative introdotte dalla Legge n. 3/2018.
Come noto, la Legge Lorenzin ha recentemente modificato il testo originario dell’art. 123 del R.D. 27 luglio 1934 (c.d. Testo Unico delle Leggi Sanitarie), mediante l’introduzione di un nuovo terzo comma che prevede una nuova ipotesi di illecito amministrativo, secondo cui “la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nella farmacia è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 3.000, se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio“.
Tale modifica, conclude il Tribunale, rende “del tutto evidente che la condotta posta in essere dal (omissis) rientra tra quelle previste dal sopra indicato illecito amministrativo“; peraltro, all’odierno imputato non potrà essere applicata neppure l’odierna sanzione amministrativa (attualmente) prevista dall’art. 123 TULS, essendo altresì “evidente che sulla base del principio di legalità degli illeciti amministrativi di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981, l’imputato non può essere sottoposto ad una sanzione amministrativa non prevista alla data di commissione del fatto“, posta in essere, come si può leggere, ben prima dell’entrata in vigore della Legge Lorenzin.
Come evidente, le conclusioni a cui perviene la pronuncia in commento potrebbero dar adito a distinte interpretazioni.
In prima battuta, si può ritenere che il terzo comma dell’art. 123 TULS abbia determinato una radicale depenalizzazione dell’ipotesi di detenzione per il commercio di medicinali scaduti, guasti o imperfetti sia nella forma dolosa di cui all’art. 443 c.p. sia nella (più lieve) forma colposa di cui all’art. 452, comma 2 c.p.
Ove trovasse accoglimento tale soluzione, troverebbe applicazione la regola generale prevista dall’art. 2, comma 2 c.p., in base alla quale “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato“.
Ciò, è evidente, comporterebbe una duplice conseguenza: da un lato, tutti i procedimenti penali pendenti si concluderebbero con una pronuncia assolutoria ex art. 530, comma 1 c.p.p. o con una declaratoria ex art. 129 c.p.p.
Inoltre, ove si accogliesse tale soluzione, la novella potrebbe coinvolgere anche i farmacisti colpiti da una sentenza di condanna passata in giudicato o da un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile; costoro, infatti, sempre ai sensi dell’art. 2, comma 2 c.p. – il quale prevede altresì che “se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali” – potrebbero (in astratto) chiedere al Giudice dell’Esecuzione di “risolvere” il giudicato penale, avvalendosi della norma di cui all’art. 673 c.p.p. secondo la quale “nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti“.
D’altro canto, è opportuno segnalare che la soluzione appena descritta potrebbe non essere univoca; infatti, alcuni elementi testuali introdotti dalla Legge Lorenzin potrebbero indurre l’interprete a ritenere che la novella legislativa depenalizzi (in concreto) la sola ipotesi colposa di detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti.
Del resto, a ben vedere, i requisiti della fattispecie di cui all’art. 123, comma 3 (modesta quantità di farmaci, modalità di conservazione e ammontare complessivo delle riserve tali da escludere la destinazione dei farmaci al commercio) sembrano essere incompatibili con il requisito dell’elemento volitivo richiesto in capo al farmacista ai sensi dell’art. 443 c.p. e, di conseguenza, sembrano essere idonei ad escludere la punibilità del farmacista ai sensi dell’art. 452, comma 2 c.p., limitando così la rilevanza penale della detenzione per il commercio di farmaci scaduti, guasti o imperfetti alla sola ipotesi dolosa di cui all’art. 443 c.p.
E tale impostazione sembra (pur implicitamente) affiorare nell’apparato motivazionale della sentenza che qui si commenta; infatti, prima di esaminare la novella normativa e le sue implicazioni di carattere penale, il Tribunale di cura di precisare che la condotta contestata all’odierno imputato costituisce “una condotta posta in essere per negligenza (ergo, per colpa) in assenza di qualsivoglia intenzione da parte del (omissis) di commercializzare i prodotti scaduti“.
Infine, l’art. 123 comma 3 TULS potrebbe essere letto sotto la lente del principio di offensività, quale parametro idoneo ad escludere ogni rilevanza penale a quei fatti – pur tipici – che rivestono scarso disvalore alla luce di una valutazione congiunta degli elementi indicatori della condotta, del danno o del pericolo procurato e della colpevolezza del soggetto agente.
Del resto, alla luce dei requisiti indicati dall’art. 123, comma 3 T.U.L.S. (modesta quantità di farmaci, modalità di conservazione e ammontare complessivo delle riserve tali da escludere la destinazione dei farmaci al commercio), sembrerebbe che l’eventuale depenalizzazione abbia colpito le sole condotte (siano esse dolose che colpose) dotate di minore offensività penale.
Così argomentando, la nuova norma costituirebbe una forma speciale di esclusione della rilevanza penale per particolare tenuità del fatto (ovviamente, da coordinare con l’attuale art. 131-bis c.p.), in piena conformità con alcuni recenti arresti giurisprudenziali che avevano escluso la punibilità ex art. 131-bis c.p. in considerazione dello scarso disvalore e della ridotta offensività di alcune condotte di detenzione per il commercio di farmaci guasti ex art. 452, comma 2 c.p.
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Miglio, Detenzione per il commercio di farmaci scaduti. La responsabilità penale del farmacista a valle delle recenti modifiche del testo unico delle leggi sanitarie, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 12