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Fido et patior: la (in)sostenibile penitenza d’amore. I believe but I’m wrong, so… Have I got to leave my love?

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis – ISSN 2499-846X

di Francesco Angelone ed Angela Caruso

Appare necessario investigare da cosa ha tratto origine l’interpretazione popolaresca della Bibbia, secondo la quale il peccato di Adamo sarebbe consistito nella sua prima esperienza sessuale con Eva.

Sebbene innumerevoli psicoanalisti abbiano voluto vedere nell’albero, nel pomo, nel serpente, dei simboli sessuali, anche nella Bibbia nulla autorizza quella interpretazione e, fra l’altro, il precetto “crescete e moltiplicatevi” vi figura prima che vi si parli del peccato di Adamo e del sorgere, in lui e nella sua compagna, del sentimento di vergogna per la nudità, con tutto il resto. Ma, oltre, alcuni esegeti della Bibbia non hanno nascosto il loro disagio per il fatto che nella Genesi si trovano due motivi in un certo modo contrastanti.

In origine vi si legge che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza e lo fece “maschio e femmina” come un unico essere (cioè androgino), poi invece si racconta la storia di Dio che crea la donna, Eva, da una costola dell’uomo. Proprio ciò ha dato origine ad una particolare teoria, poco nota, ancorché abbia una sua traduzione ben documentata. Si tratta dell’idea che sia stata la “caduta” del primo uomo “androgino” a produrre la divisione dei sessi. L’esistere dei due sessi in esseri diversi, uomini di fronte a donne, sarebbe da disaminare come una disintegrazione o divisione del primo uomo per conseguenza del suo peccato, del suo allontanamento da Dio.

Il grande teologo irlandese Scòto Eriùgena, da alcuni soprannominato “lo Hegel dell’Alto Medioevo”, asseriva che la divisione dei sessi non è intervenuta che come effetto della caduta del primo uomo, passando a trarre una conseguenza tanto logica quanto paradossale, cioè che la via della reintegrazione e della redenzione implica quella del superamento dei sessi e che Gesù, nella sua qualità di Secondo Adamo, di Adamo lavato dal peccato, pur essendo vissuto come uomo, nella sue resurrezione sarebbe stato “androgino”, uomo e donna insieme, come Adamo prima della sua caduta.  Peraltro, un Vangelo apocrifo fa dire a Gesù che le cose promesse sarebbero state rivelate e sarebbe finito il regno della morte “quando i due diverranno uno, e l’uomo con la donna, né uomo né donna”.

Tutte queste considerazioni al lettore potranno apparire farneticazioni strane, con carattere di semplici curiosità. E qualcuno potrebbe pensare perfino al “terzo sesso”, di cui i nostri giorni ci offrono tangibili esempi. Ma i miti spesso racchiudono, altresì, profonde verità celate e idee direttrici.

Ebbene, il motivo ora accennato può essere la chiave per una superiore speculazione della filosofia del sesso. Lasciando cadere l’immagine androgina uomo-donna delle origini, resta sempre possibile l’interpretazione di ogni amore sessuale e di ogni eros non come qualcosa di animale o di semplicemente sentimentale, indirizzato unicamente alla riproduzione nel quadro sociale, bensì come effetto dell’oscuro conato dell’uomo a riconquistare una unità interiore e metafisica, perdurata e oscuratasi, di partecipare di nuovo, sia pure per brevissimi momenti, all’immortale.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Angelone – A. Caruso, Fido et patior: la (in)sostenibile penitenza d’amore. I believe but I’m wrong, so… Have I got to leave my love?, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis