ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

L’applicazione dei principi delle Sezioni Unite in tema di motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio.

in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 2 – ISSN 2499-846X

Cassazione Penale, Sez. II, Sentenza 20 novembre 2019 (Ud. 11 ottobre 2019), n. 47183
Presidente Rago, Relatore Pacilli

A poco più di un anno dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 36072/2018, il Supremo Collegio è tornato a confrontarsi con il problema della motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio delle cose costituenti corpo del reato exart. 253 c.p.p.

Il tema era stato dapprima affrontatodalle SSUU n. n. 2/1994 (Carella), secondo cui i decreti di sequestro probatorio di cose costituenti corpo del reato dovevano contenere una motivazione sintetica, non essendo necessario offrire la dimostrazione della necessità del sequestro in funzione dell’accertamento dei fatti, essendo l’esigenza probatoria del corpus delicti in re ipsa.

Successivamente, con la suindicata sentenza del 2018, ha dato una netta inversione di rotta, affermando che il “il decreto di sequestro probatorio, così come il decreto di convalida, anche ove abbia ad oggetto cose costituenti corpi di reati, deve contenere una specifica motivazione sulle finalità perseguite per l’accertamento dei fatti”.

Questi principi sono stati pedissequamente applicati dal Giudice di Legittimità alla fattispecie in oggetto, con conseguente annullamento dell’ordinanza gravata.

La vicenda prende le mosse da una ordinanza di rigetto del Tribunale di Enna, in ordine all’istanza di riesame avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto nei confronti di un soggetto indagato per ricettazione. Contro tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, lamentando il vizio della motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio, in quanto redatta in contrasto con i principi sanciti dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 36072/2018.

Il decreto di convalida, infatti, sarebbe stato emesso senza verificare la reale necessità investigativa e la durata della permanenza del vincolo, unitamente all’assenza di motivazione in ordine alla finalità di accertamento dei fatti, ossia sulla concreta esigenza probatoria, perseguita dall’inquirente.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, dimostrando di fare un buon governo dei principi emessi dalle Sezioni Unite.

La pronuncia più volte richiamata, infatti, dipanando le incertezze interpretative circa il quantum motivazionale dei decreti di sequestro delle cose che costituiscono corpo del reato, aveva sancito  l’obbligo di una specifica motivazione in ordine alla finalità perseguita per l’accertamento dei fatti.

L’obbligo di motivazione del decreto di sequestro è espressamente stabilito dall’art. 253 co. 1 c.p.p., che, con riferimento all’onere motivazionale, non pone alcuna differenziazione di sorta tra corpo del reato e cose pertinenti al reato.

Inoltre, il disposto dell’art. 253 co. 1 c.p.p. deve essere necessariamente collegato con l’art. 125 co. 3 c.p.p., che prevede l’obbligo di motivazione dei decreti, a pena di nullità, qualora la stessa sia espressamente prescritta dalla legge.

La Corte ha poi osservato che, una volta ammesso che il decreto di sequestro del corpo reato deve essere motivato almeno sotto il profilo della relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il reato, non si capirebbe perché la motivazione non dovrebbe ricomprendere la finalizzazione probatoria, dal momento che si tratta di un sequestro finalizzato alla apprensione di cose necessarie per l’accertamento dei fatti.

A sostegno delle proprie motivazioni, le Sezioni Unite avevano richiamato anche l’art. 262 c.p.p.che prevede la restituzione delle cose a chi ne abbia diritto “quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova”, dovendosi però osservare che se il fine probatorio fosse connaturalmente insito nel corpo di reato, nessuna restituzione potrebbe prevedersi.

In analoga direzione converge anche la previsione di cui all’art. 354 co. 2 c.p.p.per la quale la polizia giudiziaria può procedere al sequestro del corpo del reato “se del caso” è indicativa, si aggiunge, della necessità di una motivazione sotto il profilo probatorio.

Infine, l’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio, nonché del decreto di convalida, trova il suo appiglio anche nelle disposizioni costituzionali e sovranazionali sul diritto di proprietà, di cui agli artt. 42 Cost. e 1 Prot. Add. Cedu.

L’obbligo di esposizione delle ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, devono essere esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione.

Lo scopo, infatti, è quello di garantire che la misura ablativa, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legittimità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità in ordine all’ane alla sua durata anche con riferimento al giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l’accertamento del fatto di reato (Corte Edu, 24 ottobre 1986, Agosi c. U.K.).

In ragione di tali principi, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, poiché la stessa ha erroneamente ritenuto che l’esigenza probatoria del corpo del reato fosse in re ipsa, disponendo un nuovo esame al giudice del rinvio.

Come citare il contributo in una bibliografia:
L. Spetrillo, L’applicazione dei principi delle Sezioni Unite in tema di motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 2