Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. A proposito di carcere e covid-19.
in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4 – ISSN 2499-846X
Non c’è più tempo.
Il 15 marzo the World Health organization[1], stando alla traduzione del testo in Italiano pubblicata da www.pressenza.com[2] e riportata anche da www.ristretti.it nella rassegna del il 28 marzo, ha avvertito che “le persone in prigione sono probabilmente più vulnerabili poiché vivono in stretta vicinanza l’una dall’altra il che potrebbe comportare il rischio di trasmissione da persona a persona”. Che “le persone nelle carceri hanno in genere un maggiore carico di malattie e condizioni di salute peggiori rispetto alla popolazione generale e, spesso, affrontano una maggiore esposizione a rischi come fumo, scarsa igiene e debole difesa immunitaria a causa di stress, cattiva alimentazione o prevalenza di malattie coesistenti, come virus trasmessi dal sangue, tubercolosi e disturbi da uso di sostanze stupefacenti”.
“Le carceri”, ammonisce WHO, “sono ambienti chiusi in cui le persone, incluso il personale vivono molto vicine tra loro”; è, quindi, fortemente raccomandato “di adottare procedure di assegnazione che consentano di separare i detenuti a rischio più elevato dagli altri, nel modo più efficace e meno disgregativo possibile e che consentirebbero a alloggi singoli limitati da rimanere disponibili per i più vulnerabili”.
Forte è altresì il monito di WHO, di “garantire che le esigenze delle carceri e delle altre strutture di detenzione siano prese in considerazione nella pianificazione sanitaria e di emergenza nazionale e locale” e di “collegare il sistema sanitario carcerario e il sistema di pianificazione sanitaria e di emergenza nazionale e locale” tra l’altro per “misure preventive”, “diagnosi”, “tracciabilità dei contatti”.
Significativa è, inoltre, la richiesta di WHO, di istituire “un registro giornaliero dettagliato delle persone che si spostano dentro e fuori della prigione”. Le autorità penitenziarie, ancora, “dovrebbero essere informate e rese consapevoli degli ospedali ai quali possono trasferire coloro che richiedono il ricovero (supporto respiratorio e/o unità di terapia intensiva)”. “Dovrebbero essere previsti controlli ambientali e ingegneristici, intesi a ridurre la diffusione di agenti patogeni e la contaminazione di superfici e oggetti inanimati, ciò dovrebbe includere la disponibilità di uno spazio adeguato tra le persone, un adeguato ricambio d’aria e una disinfezione ordinaria dell’ambiente preferibilmente una volta al giorno”.
Ma questo è solo un estratto delle principali raccomandazioni di WHO per la prevenzione della diffusione del virus COVID 19 nelle carceri; il documento affronta anche il problema dell’isolamento del detenuto e delle conseguenze in materia di diritti umani. Si tratta, in definitiva, di linee guida che dovrebbero ispirare, in questo periodo, il lavoro delle Autorità penitenziaria, a cominciare dal vertice per arrivare alle periferia.
Ma da giorni, invece, al vertice, si assiste ad un dibattito francamente inutile, lezioso e apparentemente in controtendenza rispetto a quanto richiesto da WHO; vi è, infatti, chi sostiene che i detenuti sarebbero più protetti all’interno delle strutture penitenziarie che fuori… [3]
E si deve constatare come le Linee guida alle quali facciamo riferimento in questo scritto non risulta siano state diffuse all’interno delle carceri, con una traduzione ufficiale, essendo invece disponibili solo su siti specialistici o oggetto di commento su siti di informazione[4].
E così mentre Roma discute, si anima su sterili questioni tra chi è favorevole ad un indulto o un’amnistia e chi, invece, è contrario, Sagunto brucia e nelle carceri è entrato il COVID 19[5].
Risulta, quindi, davvero incomprensibile il perché non si vuole prendere atto dei pericoli che stiamo correndo dentro le carceri.
WHO, nel documento che si considera, afferma “in tutti i paesi l’approccio fondamentale da seguire è la prevenzione dell’introduzione dell’agente infettivo nelle carceri e in altri luoghi di detenzione limitando la diffusione all’interno della prigione e riducendo la possibilità di diffusione dalla prigione alla comunità esterna”.
Come dire: se facciamo passare il virus nelle carceri è tutta la Comunità degli uomini a correre maggiori rischi.
Lo dice WHO. E così è; perché nel carcere, oltre ai detenuti, vi lavorano numerose persone, non preparate per affrontare questa emergenza; WHO, non a caso, raccomanda l’attivazione di specifici programmi di formazione sul personale. È invece assistiamo all’improvvisazione e al pressappochismo di chi è convinto che basterebbe una mascherina (che non c’è), per mettere al sicuro detenuti e personale che opera in questi luoghi.
Insomma, il tempo è scaduto; è necessario intervenire subito per trovare una soluzione al pericolo causato dalla ristrettezza di spazi nelle carceri.
Il vertice, dovrebbe affrontare questo problema con pari efficienza con la quale la Regione Lombardia ha affrontato e sta affrontando il problema della mancanza di posti letto negli ospedali; più spazi per i detenuti, quindi, se non vogliamo che quei posti letto allestiti dalla Regione Lombardia, siano presto occupati dai detenuti che si ammaleranno in carcere; ma se ciò non fosse possibile, appare obbligato un percorso che porti all’adozione di un provvedimento di “indulgenza sovrana” al fine di liberare le stanze detentive, dalla pericolosa promiscuità del sovraffollamento.
I medici e gli infermieri stanno pagando il prezzo più alto da quando è iniziata quest’epidemia.
Si trovi il modo, affinchè non ci si trovi costretti ad assistere al sacrificio delle carceri, dei detenuti e del personale che ci lavora.
[1] www.euro.who.int: “Preparedness, prevention and control of COVID-19 in prisons and other places of detention – Interim guidance”; 15 marzo 2020.
[2] F.Maffioletti, Coronavirus: l’OMS pubblica linee guida per le carceri www.pressenza.com , 28 marzo 2020.
[3] Si omettono volutamente i riferimenti poiché questo non vuole essere uno scritto a sfondo politico.
[4] D.ALLEGRETTI, A quasi nessuno importa se i detenuti possono mantenere le distanze Il Foglio, 25 marzo 2020.
[5] R.LONGONI, Parma. Coronavirus: positivi 5 agenti, 60 in quarantena. Isolati una quarantina di reclusi Gazzetta di Parma, 30 marzo 2020.
Come citare il contributo in una bibliografia:
S. Romice, Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. A proposito di carcere e covid-19, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4