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Le motivazioni della sentenza assolutoria della Corte di appello di Milano sulla corruzione internazionale in Algeria.

Corte di appello di Milano, Sez. II penale, Sent. 15 aprile 2020 (Ud. 15 gennaio 2020), n. 286
Presidente Ondei, Relatore Boselli

In considerazione dell’indubbio interesse scientifico che destano, pubblichiamo le motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 15 gennaio dalla Corte di appello di Milano sulla nota vicenda che ha coinvolto due multinazionali italiane dell’energia per fatti di corruzione internazionale asseritamente commessi in Algeria.

Se in primo grado il Tribunale di Milano aveva assolto una delle due società con i propri manager, che aveva avuto il solo ruolo di azionista della seconda società in ipotesi responsabile dei fatti di corruzione, la stessa sorte non era toccata a quest’ultima e ai suoi dirigenti, attinti invece da una sentenza di condanna.

In parziale riforma, la Corte di appello ha assolto tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.

La pronuncia si mostra di particolare interesse almeno sotto due profili, uno generale e uno speciale.

Sotto il profilo generale, va ricordato che in tema di corruzione internazionale la giurisprudenza nazionale non si mostra particolarmente ricca. Nonostante la fattispecie sia stata introdotta ormai quasi venti anni orsono (con la Legge 29 settembre 2000, n. 300, che ha fra l’altro ratificato ed eseguito la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali firmata a Parigi il 17 dicembre 1997), essa non è stata  sinora frequentemente contestata. Di primo acchito si possono addurre oggettive difficoltà di percezione della notitia criminis, nonché di accertamento del fatto, sia sotto il profilo tecnico (si pensi alla necessaria – e non sempre puntuale – assistenza di sistemi giudiziari extra europei) sia sotto il profilo economico.

Sotto il profilo speciale, a prima vista la sentenza si mostra molto ricca di spunti di riflessione: dalla prova dell’accordo e dei flussi corruttivi, all’analisi sulla contrarietà degli atti ai doveri di ufficio nel contesto di un sistema normativo straniero, alla qualifica di pubblici ufficiali – sempre secondo un diritto straniero – dei soggetti coinvolti, ad ulteriori questioni giuridiche quali la sussistenza dell’aggravante della transazionalità e le nozioni di prezzo e profitto di reato ai fini di confisca.

Per tali ragioni, ci riserviamo una analisi approfondita della pronuncia.

Redazione Giurisprudenza Penale

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