La Cassazione sul momento consumativo del reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e sulla operatività della forza maggiore.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Cass. pen., Sez. III, Sent. 15 ottobre 2020 (ud. 9 settembre 2020), n. 28667
Presidente Aceto, Relatore Liberati
Con la sentenza qui allegata, la Sezione terza della Corte di cassazione ha consolidato alcuni principi relativi alla fattispecie di omesso versamento di ritenute dovute o certificate ex art. 10 bis d. lgs. n. 74 del 2000.
In primo luogo la Corte si è pronunciata con riguardo al momento consumativo del reato, ricordando che “il delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate di cui all’art. 10 bis d.lgs. 74/2000 si consuma al momento della scadenza del termine fissato per il versamento delle somme trattenute dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei propri dipendenti per le imposte dagli stessi dovute, cioè quando scade il termine utile per il pagamento, previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa all’anno precedente (…). Ne consegue che l’eventuale riduzione dell’imposta non versata, successivamente alla consumazione del reato, per effetto di pagamenti eseguiti dal debitore o da terzi, risulta priva di rilievo quanto alla verifica del superamento della soglia di rilevanza penale dell’omissione, per la quale occorre avere riguardo al momento di consumazione del reato, successivamente alla quale la riduzione del debito al di sotto di detta soglia non ne esclude la rilevanza penale”.
In secondo luogo, il Supremo Collegio ha definito le condizioni di operatività della scusante della forza maggiore, configurabile in ragione della crisi dell’impresa preesistente ai termini per il versamento delle somme dovute. Sul punto – rammenta la Corte va “ricordato il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte in proposito, secondo cui, al fine della dimostrazione della assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorre l’allegazione e la prova della non addebitabilità all’imputato della crisi economica che ha investito l’impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto (…). Per escludere la volontarietà della condotta è, dunque, necessaria la dimostrazione della riconducibilità dell’inadempimento alla obbligazione verso l’Erario a fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (…)”.