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Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (art. 578 c.p.p.): sollevata questione di legittimità costituzionale

Corte di Appello di Lecce, Sezione Unica Penale, Ordinanza, 6 novembre 2020
Presidente Scardia, Relatore Biondi

In tema di decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (art. 578 c.p.p.), segnaliamo l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Lecce ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell’art. 117, comma 1, Cost., e in relazione agli artt. 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., quali parametri interposti degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., dell’art. 578 c.p.p., nella parte in cui stabilisce che, quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili.

La previsione di cui all’art. 578 c.p.p., per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili – si legge nell’ordinanza – «comporta che i motivi di impugnazione dell’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129, comma secondo, c.p.p.; pertanto, la sentenza di appello che non compia un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell’imputato deve essere annullata con rinvio, limitatamente alla conferma delle statuizioni civili».

All’esito del giudizio – prosegue l’ordinanza – «il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile e in seguito ad un’espressa domanda in tal senso, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale».

Ai sensi dell’art. 538 c.p.p., «il giudice penale decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno se – e solo se – pronuncia sentenza di condanna dell’imputato, soggetto debitore quanto alle obbligazioni civili. Il giudice penale, neppure quando emette sentenza di assoluzione dell’imputato in quanto non imputabile per vizio totale di mente, può pronunciarsi distintamente sulle pretese restitutorie o risarcitorie della costituita parte civile». Alla regola generale dell’art. 538 c.p.p., però, l’art. 578 c.p.p. introduce una deroga: «se il giudice (penale) dell’impugnazione perviene a una pronuncia dichiarativa dell’estinzione del reato per amnistia o per prescrizione, non di meno decide sull’impugnazione, ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata – con la sentenza impugnata – la condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile. Inoltre, in sede di giudizio di cassazione, quando, infine, i gradi di merito sono esauriti, la cognizione delle pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile può essere, a quel punto, devoluta al giudice civile».

Orbene – prosegue il giudice a quo – «a differenza della mera sentenza dichiarativa della prescrizione del reato in primo grado, che non può mai essere ritenuta sentenza di “condanna”, non comportando l’attribuzione dello status di condannato nei riguardi dell’imputato, la sentenza di appello che, dichiarando l’estinzione del reato per prescrizione, confermi le statuizioni civili, viene ad essere equiparata, nella sostanza, ad una sentenza di “condanna”, e ciò si ricava espressamente anche dalla giurisprudenza di legittimità, e segnatamente dalla recente sentenza delle Sezioni Unite, che ha affermato l’ammissibilità, sia agli effetti penali che civili, della revisione richiesta ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., della sentenza del giudice di appello che, prosciogliendo l’imputato per l’estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia, e decidendo sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi concernenti gli interessi civili, abbia confermato la condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile».

Così ricostruito il sistema, nel caso di specie, «benché estinto il reato contestato al N. per prescrizione, la presenza della parte civile, in uno con i motivi di appello, tutti incentrati sull’assenza di penale responsabilità in capo all’appellante, obbligherebbero questa Corte ad una rivalutazione piena della responsabilità “penale” del N. in ordine allo stesso fatto-reato contestatogli, peraltro, sulla base del medesimo materiale probatorio avuto a disposizione dal giudice di prime cure, sia pure ai fini di confermare o meno le statuizioni civili disposte dal primo giudice».

Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha ritenuto «rilevante la questione della conformità di tale sistema e, in particolare, dell’art. 578 c.p.p., che di esso è la trasfusione normativa, relativamente al diritto fondamentale al rispetto della presunzione di innocenza di cui all’art. 6 comma 2 CEDU, così come declinato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, da intendersi come parametro interposto dell’art. 117 Cost.».

Redazione Giurisprudenza Penale

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