Gli illeciti privacy: le ragioni di una riforma non procrastinabile.
in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis – ISSN 2499-846X
L’evoluzione del contesto economico e degli strumenti tramite cui l’attività aziendale si svolge ha, nel tempo, determinato la necessità di modificare il perimetro applicativo del D. Lgs. 231/2001 con lo scopo di rendere effettiva la sua funzione di prevenzione e repressione di tutti i rischi di condotte illecite correlate ai processi ed alle attività aziendali. Categoria in cui rientrano anche i rischi correlati ai trattamenti di dati personali eseguiti dall’ente, prodromici alla commissione dei cd. illeciti privacy.
Negli ultimi tempi, le predette fattispecie sono state al centro di un animato dibattito generato dall’entrata in vigore del GDPR e del nuovo Codice Privacy italiano nonché da una crescente consapevolezza del valore economico e strategico dei dati personali.
Tale percorso evolutivo era in realtà già emerso nel 2013, in un ben diverso contesto economico e tecnologico, quando il Parlamento con il Decreto Legge n. 93/2013 aveva inserito nell’elenco dei reati di cui al D. Lgs. 231/2001 gli illeciti privacy all’epoca vigenti.
La riforma del Codice Privacy operata nel 2018 e l’evidente cambio di prospettiva attuato dal Legislatore attraverso l’introduzione di illeciti in cui l’elemento della colpa di organizzazione ha sempre maggiore centralità rendono evidente che i tempi appaiono oramai maturi per colmare un vulnus normativo anacronistico attraverso l’introduzione degli illeciti privacy tra i reati presupposto del D. Lgs. 231/2001.
Come citare il contributo in una bibliografia:
G. M. Cannella, Gli illeciti privacy: le ragioni di una riforma non procrastinabile, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis