L’estensione delle misure di prevenzione patrimoniale ai reati comuni. Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario quali occasione per la predisposizione degli strumenti di organizzazione, gestione e controllo aziendale.
in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis – ISSN 2499-846X
di Luca Del Favero e Claudia Corsaro
L’ampliamento dell’ambito oggettivo di applicazione delle misure di prevenzione rende detti strumenti di controllo patrimoniale non più relegati ai reati di natura mafiosa. Il recente commissariamento di Uber Italia s.r.l., da parte del Tribunale, di Milano ne è la conferma.
Le misure disciplinate dagli artt. 34 e 34-bis del Codice Antimafia, infatti, sono oggi estese alle società e ai beni connessi o strumentali a soggetti sottoposti a misure di prevenzione o indagati per una vasta categoria di reati comuni, quando si abbia il fondato sospetto che “il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale” sia compromesso.
Esse tuttavia hanno una finalità risanatrice, e non punitiva, come si evince dalle facoltà concesse agli Amministratori giudiziari i quali, potendosi sostituire ai vertici aziendali nell’amministrazione dell’ente, hanno la possibilità, in concreto, di evitare la confisca dei beni, restituendoli ‘sani’ ovvero epurati da qualsivoglia contaminazione anche non abituale. Il dettato normativo non lascia adito a dubbi circa la facoltà concessa agli Amministratori di “completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e di diritto che avevano determinato la misura” (art. 34, comma secondo).
Ma quali sono in concreto gli strumenti a disposizione degli Amministratori giudiziari per restituire al libero mercato i beni oggetto della misura patrimoniale una volta espunti gli elementi inquinanti?
Senza alcun dubbio lo strumento principe, idoneo ad impedire il protrarsi della contaminazione, è rappresentato dal Modello di organizzazione, gestione e controllo introdotto e disciplinato dal D.Lgs. 231/2001.
Il Modello Organizzativo, infatti, si pone sullo stesso piano delle misure di prevenzione condividendone l’obiettivo (elisione delle contaminazioni) in una differente prospettiva temporale: le misure quali l’Amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario realizzano e consentono la rimozione delle situazioni di fatto e di diritto che avevano determinato l’applicazione della misura nell’ambito di un programma di sostegno e di aiuto al soggetto economico, a breve termine, che può protrarsi al massimo per due anni; al contrario, il Modello Organizzativo si pone nella diversa prospettiva di lungo termine in cui si misura la sua effettiva idoneità a prevenire i reati presupposto e, dunque, di mitigazione dei rischi.
Pertanto, l’adozione del Modello – ovvero l’incremento della sua idoneità ed efficacia – può e deve inserirsi nel programma di risanamento che, però, inizia con la misura di prevenzione ma si realizzerà soltanto nella fase successiva, a misura cessata per decorso del tempo o revocata, allorché l’imprenditore o comunque il soggetto economico dovrà esercitare liberamente la sua attività in maniera corretta e non compromessa, supportato da un Modello Organizzativo del quale dovrà costantemente assicurare idoneità ed efficacia.
Come citare il contributo in una bibliografia:
L. Del Favero – C. Corsaro, L’estensione delle misure di prevenzione patrimoniale ai reati comuni. Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario quali occasione per la predisposizione degli strumenti di organizzazione, gestione e controllo aziendale, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis