Infortuni sul lavoro e responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001: la Cassazione fa il punto sul requisito dell’interesse e/o vantaggio
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Cassazione Penale, Sez. IV, 8 giugno 2021 (ud. 3 marzo 2021), n. 22256
Presidente Piccialli, Relatore Proto Pisani
Segnaliamo, in tema di responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001, la sentenza con cui la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato i seguenti principi di diritto con specifico riferimento alla sussistenza del requisito dell’ “interesse” e/o del “vantaggio” nel caso di reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica.
Quanto alla valutazione della sussistenza del requisito dell’ “interesse“, sono stati affermati i seguenti principi di diritto:
– «ricorre il requisito dell’interesse quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni de/lavoratore, ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica e la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche è l’esito non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa [ …]in materia di prevenzione»;
– «l’interesse è un criterio soggettivo, il quale rappresenta l’intento del reo di arrecare un beneficio all’ente mediante la commissione del reato, che deve essere accertato mediante una valutazione ex ante essendo del tutto irrilevante che si sia o meno realizzato il profitto sperato»;
– il requisito della commissione del reato nell’interesse dell’ente non richiede, ai fini della sua integrazione, la sistematicità delle violazioni antinfortunistiche, essendo ravvisabile «anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, allorchè altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente», in quanto la sistematicità della violazioni «attiene al piano prettamente probatorio, quale possibile indizio della esistenza dell’elemento finalistico della condotta dell’agente».
Quanto alla valutazione della sussistenza del requisito del “vantaggio“, sono stati affermati i seguenti principi di diritto:
– «ricorre il requisito del vantaggio quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, e, dunque ha realizzato una politica di impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto» ovvero «massimizzazíone della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso» oppure consentendo una «riduzione dei tempi di lavorazione»;
– «il vantaggio è criterio oggettivo, legato all’effettiva realizzazione di un profitto, di importo non irrisorio, in capo all’ente quale conseguenza della violazione delle regole cautelari antinfortunistiche, il quale deve essere analizzato, a differenza dell’interesse, ex post, senza che sia necessario che il reo abbia volontariamente violato le regole cautelari al fine di risparmiare, in quanto la mancanza di tale volontà rappresenta la sostanziale differenza rispetto all’interesse»;
– «il concreto apprezzamento della consistenza del vantaggio, cioè del suo importo non irrisorio, è rimesso alla valutazione del giudice di merito, che resta insindacabile ove congruamente ed adeguatamente motivata»;
– ai fini dell’integrazione del requisito del vantaggio non è necessaria la sistematicità delle violazioni antinfortunistiche, essendo ravvisabile tale criterio di imputazione anche in relazione a una trasgressione isolata, allorchè altre evidenze fattuali dimostrino la consistenza del vantaggio derivato all’ente dalla commissione del reato, in quanto la sistematicità della violazioni attiene al piano prettamente probatorio, quale possibile indizio della consistenza del vantaggio.
Al fine di «impedire un’applicazione automatica della norma che ne dilati a dismisura l’ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione (che implica quasi sempre un risparmio di spesa il quale può, però, non essere rilevante» – conclude la Corte – ove il giudice di merito «accerti l’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele dovute, in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro (ed in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare tali cautele, abbia agito proprio allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica, e – quindi – in una situazione in cui l’omessa adozione delle cautele dovute sia plausibilmente riconducibile anche a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un’errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori), ai fini del riconoscimento del requisito del vantaggio occorre la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della salute dei lavoratori quale conseguenza delle cautele omesse: la prova, cioè, dell’effettivo, apprezzabile (cioè non irrisorio) vantaggio (consistente nel risparmio di spesa o nella massimizzazione della produzione, che può derivare, anche, dall’omissione di una singola cautela e anche dalla conseguente mera riduzione dei tempi di lavorazione) non desumibile, sic et simpliciter, dall’omessa adozione della misura di prevenzione dovuta».