ARTICOLIDIRITTO PENALE

La Cassazione sulle questioni proponibili nel processo penale dal terzo di buona fede in merito ai presupposti per la confisca allargata.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Cass. pen., Sez. I, Sent. 14 maggio 2021 (ud. 15 dicembre 2020), n. 19094
Presidente Boni, Relatore Magi

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione prima, si è pronunciata sui diritti e sulle facoltà processuali dei terzi di buona fede, titolari di beni sui quali sia disposto il sequestro finalizzato alla confisca allargata (o confisca in casi particolari) ex art. 240 bis c.p.

Più in dettaglio, in un procedimento per usura nel quale erano sottoposti a sequestro beni formalmente intestati a soggetti diversi dall’imputato, oggetto di decisione era fra l’altro l’ampiezza delle questioni proponibili dal soggetto terzo: se cioè il ventaglio di argomentazioni a sua disposizione del terzo, che intenda opporsi a sequestro (o confisca) di beni formalmente a sé intestati, sia limitato alla dimostrazione della effettiva titolarità del bene, oppure possa estendersi sino ad argomenti tesi a contrastare la legittimità in quanto tale della ablazione.

In apertura, la Corte ha ricordato che “la predisposizione di garanzie procedurali ‘effettive’ nel sistema interno, a tutela della posizione del soggetto terzo, coinvolto in procedure tese alla ablazione del diritto di proprietà, è condizione più volte rimarcata dalla Corte Edu come necessaria, a pena di accertamento della violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione Edu agli articoli 1 Prot. Add. (tutela della proprietà) e 13 Conv. (effettività della tutela giurisdizionale)”.

A fronte di tali indicazioni della giurisprudenza sovranazionale, la Corte ha rilevato che “solo con la riforma intervenuta nel 2017 (legge n. 161 del 17.10.2017, oggetto di variazione con il d. lgs. n. 21 del 1.3.2018) il sistema interno di tutela della posizione giuridica del soggetto terzo titolare formale dei beni, in sede di giudizio penale con sequestro funzionale alla confisca estesa, è stata ‘parificata’ a quella del soggetto titolare formale di beni sequestrati in prevenzione (attraverso la novellazione dell’art. 104 bis disp.att. cod. proc. pen. ed inserimento in tale articolo del comma 1 quinquies che prevede la citazione del terzo nel giudizio di cognizione), mentre nei giudizi penali già pendenti o definiti è rimasta affidata allo strumento ‘atipico’ dell’incidente di esecuzione (come nel caso in esame), con tutto ciò che ne deriva in punto di ‘riduzione di peso’ delle garanzie procedurali”.

Ciò posto, il Collegio ha ritenuto che “l’interesse del terzo (…) può essere diretto non soltanto a contestare la validità degli elementi introdotti dall’accusa a sostegno della fittizietà della intestazione, ma può dirigersi anche verso la dimostrazione dell’assenza di altri ‘presupposti legali’ della confisca, tra cui in particolare la esigenza di ‘ragionevolezza temporale’ tra acquisto e commissione del fatto di reato legittimante l’ablazione, ferma restando la estraneità della difesa del terzo (…) ai temi di prova strettamente correlati alla colpevolezza dell’imputato per il reato-spia della confisca estesa o alla sussistenza della condizione soggettiva di pericolosità in prevenzione. Ciò perché mentre da un lato è evidente che la titolarità del diritto di difesa sul fatto di reato o sulla condizione di pericolosità spetta all’accusato e non a soggetti diversi, dall’altro impedire la interlocuzione del terzo su presupposti della confisca di carattere oggettivo (come la correlazione temporale o altre caratteristiche della res sottoposta a sequestro) finisce con invertire la presunzione di ‘corrispondenza’ tra titolarità formale e titolarità sostanziale del bene, presunzione che deve accompagnare il trattamento della condizione giuridica del terzo sino al provvedimento di confisca definitivo emesso in contraddittorio”.

Tale posizione si giustifica in ragione del fatto che “imporre al terzo la limitazione delle facoltà di introduzione di elementi di fatto o di diritto idonei – al di là dell’avvenuto accertamento del reato e del suo autore – a mantenere la titolarità del bene risulta (…) lesivo del diritto di difesa e del principio di effettività della tutela giurisdizionale, posto che finisce con il presumere la fittizietà della titolarità, non ancora definitivamente accertata”.

In applicazione dei suddetti principi, la Corte ha ritenuto che anche “il parametro della ‘ragionevolezza temporale’, valorizzato dal giudice delle leggi nella nota decisione n. 33 del 2018, va ritenuto – in rapporto al diritto vivente – parametro integrativo di legalità della confisca estesa ex art. 240 bis cod. pen. e, dunque, punto della decisione su cui il terzo, nell’ambito di un atto difensivo che ricomprenda la contestazione della fittizietà, può interloquire efficacemente”.

Redazione Giurisprudenza Penale

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