La Cassazione sulla individuazione del soggetto titolare della posizione di garanzia per la prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Cass. pen., Sez. IV, Sent. 1° giugno 2021 (ud. 2 marzo 2021), n. 21522
Presidente Menichetti, Relatore Nardin
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione quarta, si è pronunciata sulla individuazione dei soggetti responsabili, nell’ambito dell’impresa, per infortuni sul luogo di lavoro.
La Corte ha anzitutto rilevato che “la questione posta, che inerisce all’individuazione della figura su cui gravano gli obblighi del datore di lavoro nelle società di capitali, deve essere risolta, secondo gli insegnamenti di questa Corte di legittimità, tenendo in considerazione la complessità dell’organizzazione. Perché se, in linea teorica, rivestono la qualifica di datore di lavoro tutti i componenti del consiglio amministratore, che gestisce ed organizza l’attività di impresa (…), nondimeno, in concreto, nelle realtà più articolate ed in aziende di rilevanti dimensioni, l’individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera assunzione formale della carica di consigliere, laddove all’interno dell’organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengono specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici”.
Ora, hanno ricostruito i Giudici, “l’assunzione della veste di garante può derivare dalla formale investitura, dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche della figura o dal trasferimento di poteri e funzioni da parte del soggetto che ne è titolare. Se, infatti, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto, la delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo”.
In base a tali considerazioni, la Corte ha affermato che “ciò che identifica il datore di lavoro è, dunque, la titolarità del potere decisionale sull’impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l’obbligo prevenzionistico derivante dallo stesso esercizio dell’impresa. È proprio l’art. 2, comma 1, lett. b) del d. lgs. 81/2008 a stabilire il legame fra l’obbligo prevenzionistico ed il soggetto titolare della responsabilità decisionale, organizzativa e di spesa dell’impresa. Ed è la stessa disposizione che chiarisce come un simile rapporto derivi dal tipo di assetto organizzativo in cui il lavoratore presta la propria attività, modulando la figura di datore di lavoro non solo sulla titolarità dell’impresa e del rapporto di lavoro, ma sulla sua gestione attraverso l’esercizio dei poteri decisionali e di spesa”.
La Corte ha così distinto le ipotesi di organizzazioni complesse da quelle piccole e medie.
Da un lato, “nell’ambito di complesse organizzazioni imprenditoriali, in forma societaria, ciò legittima la distinzione fra ambiti gestori diversi derivanti dalla modulazione delle attribuzioni fra componenti del consiglio di amministrazione. L’estesa articolazione dell’organizzazione giustifica la ripartizione delle attribuzioni, in quanto funzionale al raggiungimento degli scopi dell’impresa. La forma può essere analoga a quella della delega di funzioni, ma anche implicita nell’incarico attribuito, consistente nel conferimento ad uno o più membri dell’organo deliberante di poteri esclusivi propri di quest’ultimo, senza che a ciò corrisponda ad una separazione tra il potere decisionale dell’imprenditore, nella sua forma societaria, e la sua gestione parcellizzata, convalidata dall’effettività del potere decisionale e di spesa conferito. Il limite dell’esonero degli altri componenti del consiglio di amministrazione è delineato dall’obbligo della vigilanza, cui l’organo deliberativo non può in alcun caso sottrarsi, in quanto organo che conferisce un potere proprio”.
Dall’altro lato, “una simile segmentazione dell’esercizio del potere gestorio, al contrario, non appare compatibile con realtà di piccole e medie dimensioni, la cui scarsa complessità implica l’intrinseca connessione fra la conduzione societaria dell’impresa e la sua semplice organizzazione, che non giustifica un modello di governo che ne disarticoli i poteri ed i correlativi obblighi, in assenza di una funzionalità al raggiungimento dello scopo dell’attività economica. La frammentazione per ambiti dei poteri decisori e di spesa finirebbe, infatti, con il coincidere con l’esonero di alcuni dei componenti del consiglio di amministrazione dagli obblighi prevenzionistici connessi con l’attività di impresa, senza che a ciò corrisponda alcuna effettiva esigenza organizzativa del potere decisionale”.