ARTICOLIDIRITTO PENALE

Diritto di accesso agli atti (esercitato con plurime e insistenti richieste) e configurabilità del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.).

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. VI, 1° luglio 2021 (ud. 11 febbraio 2021), n. 25296
Presidente Petruzzellis, Relatore Costanzo

In tema di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.), segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha affermato che l’esercizio legittimo del diritto di accesso agli atti, anche qualora avvenga con plurime ed insistenti richieste inviate dal privato alla Pubblica Amministrazione, non integra il reato di cui all’art. 340 c.p.

Ai fini della penale rilevanza della condotta – si legge nella sentenza – “occorre, infatti, la dimostrazione del nesso di causalità tra le plurime richieste del privato e il turbamento dell’attività del pubblico ufficio o servizio, oltre che dell’elemento soggettivo consistente nella coscienza e volontà (anche nella forma del dolo eventuale) del privato di strumentalizzare il diritto di accesso per turbare il regolare funzionamento delle attività“.

La mancata o insoddisfacente organizzazione dell’attività di un servizio pubblico – prosegue la Corte – “non può condurre a configurare l’elemento oggettivo del reato ex art. 340 c.p., sanzionando la norma esclusivamente la volontaria alterazione, anche temporanea, del funzionamento di tale servizio, che sia tale da incidere sulla sua complessiva regolarità” e non potendosi confondere il “turbamento psicologico degli impiegati di un ufficio pubblico (derivante dalla difficoltà, magari incolpevole, nel fronteggiare le richieste di un utente) con l’oggettivo turbamento della regolarità del servizio (inteso come alterazione della sua regolarità)“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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