Guida in stato di ebbrezza e alcol test: è irrilevante la possibile interferenza di un farmaco
Cassazione Penale, Sez. IV, 24 settembre 2013 (ud. 5 febbraio 2013), n. 39490
Presidente Sirena, Relatore Ciampi, P. G. Aniello
Depositata oggi la pronuncia numero 39490 della IV sezione penale relativa alla possibile interferenza di un farmaco appena assunto sull’esito dell’alcol test.
Questi, in breve, i fatti: l’imputato, dopo essere stato condannato per guida in stato di ebbrezza, proponeva appello lamentando la possibile interferenza di un farmaco che aveva assunto con gli esiti dell’alcol test: secondo la tesi difensiva, la Corte di Appello avrebbe dovuto tenere conto della assunzione del medicinale e di come questo ha influito sull’esito dell’alcol test.
La Suprema Corte, nel ritenere non fondato il ricorso, ha preso le mosse da una recente pronuncia della stessa sezione nella quale si era affermato il principio secondo cui risponde del reato di cui all’art. 186 Codice della Strada chi viene sorpreso alla guida in stato di ebbrezza, a nulla rilevando che il ritardo nell’eliminazione degli effetti dell’alcool sia da ricondursi all’assunzione di farmaci (si veda Cass. Pen., Sez. IV, 29-09-2011, n. 38793 già commentata in Dir. Pen. e Processo, 2011, 12, 1448 ).
Il parametro di riferimento adottato dal legislatore per valutare lo stato di ebbrezza – continua la Corte – non è rappresentato dalla quantità di alcool assunta, bensì da quella assorbita dal sangue.
Si tratta, a ben vedere, di una vera e propria presunzione “iuris et de iure”, che porta a ritenere il soggetto in stato di ebbrezza ogni qual volta venga accertato il superamento della soglia di alcolemia massima consentita, senza possibilità da parte del conducente di discolparsi fornendo una prova contraria circa le sue reali condizioni psicofisiche, la sua idoneità alla guida e l’influenza di farmaci.
La Corte, a scanso di equivoci, osserva in conclusione che, anche ammesso che il farmaco possa aver contribuito ad innalzare il tasso alcolemico, in ogni caso la responsabilità dell’imputato sarebbe comunque correttamente accertata: infatti, chi sa di assumere farmaci di tal genere deve astenersi dalla ingestione di alcool e specialmente deve evitare di mettersi alla guida oppure deve controllare con gli appositi test facilmente reperibili in commercio di trovarsi in condizioni tali da non risultare passibile della sanzione penale”.
Tra i pochi precedenti giurisprudenziali sul punto si rinvia anche a Cass., Sez. IV, 20 marzo 2004, in Arch. giur. circ., 2006, 191, secondo la quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa all’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori.
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