Le modifiche del decreto-legge n. 152/2021 al codice antimafia: il legislatore punta sulla prevenzione amministrativa e sulla compliance 231 ma non risolve i nodi del controllo giudiziario
in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11 – ISSN 2499-846X
Il decreto-legge recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose (D.L. 6 novembre 2021, n. 152 – G.U. 6 novembre 2021, n. 265), ha introdotto, con il Titolo IV, rubricato Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia, artt. 47, 48 e 49, importanti modifiche al Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, adottato con il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. codice antimafia).
Occorre premettere che l’attuale codice antimafia costituisce il punto di approdo di un tormentato percorso legislativo che la materia di prevenzione ha compiuto in oltre un secolo e mezzo per contrastare fenomeni associativi di stampo mafioso. L’opera del legislatore in materia di misure di prevenzione, però, non si è arrestata al 2011. L’intervento più significativo di riforma del codice antimafia è stato realizzato con la l. 17 ottobre 2017, n. 161, entrata in vigore il 19 novembre 2017, che ha avuto quale filo conduttore la ricerca di una possibile sintesi tra il libero esercizio dell’attività d’impresa ed un’efficace prevenzione dell’infiltrazione mafiosa nell’economia legale.
Il legislatore, infatti, in considerazione della sempre più accentuata vocazione imprenditoriale delle mafie e della dimostrata abilità delle organizzazioni criminali di insinuarsi in realtà imprenditoriali sane, ha messo in campo nuovi e più duttili strumenti di bonifica aziendale in alternativa a quelli ablatori, attraverso la revisione dell’art. 34 che disciplina l’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende e l’introduzione dell’art. 34-bis che disciplina l’istituto del controllo giudiziario delle aziende a rischio di infiltrazione mafiosa. Lo scopo di tali misure non è più quello sanzionatorio-ablatorio, tipico del paradigma confiscatorio, bensì quello terapeutico volto al recupero di realtà economiche che, seppure incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale dalle consorterie criminali sufficiente a consentire un’attività economica corretta risultando, pertanto, meritevoli di un intervento eterodiretto, volto alla bonifica programmatica delle posizioni critiche.
Il progressivo allargamento di un modello terapeutico rispetto alle aziende vulnerabili ai condizionamenti criminali, a scapito di quello meramente ablatorio, dunque, corrisponde anche al mutamento che da diversi anni si registra nei rapporti tra imprese e organizzazioni criminali. Una tendenza che si è sviluppata anche sul fronte amministrativo. Le misure alternative al modello confiscatorio dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario coesistono, infatti, con una serie di altre misure: il sistema delle informazioni antimafia interdittive, strumento cautelare di massima anticipazione della soglia di difesa sociale; il modello di responsabilità degli enti disegnato dal d.lgs. n. 231/2001; le misure straordinarie di gestione sostegno e monitoraggio delle imprese, introdotte con il D.L. n. 90/2014 (conv. con mod. in l. 11 agosto 2014, n. 114), disposte esclusivamente in funzione anticorruttiva ed orientate alla completa esecuzione delle prestazioni oggetto di uno specifico contratto pubblico di appalto; le misure che operano sul piano reputazionale, come i protocolli di legalità ed i compliance programs; le norme sul rating aziendale del codice dei contratti pubblici e altri strumenti a carattere preventivo preesistenti.
Si è andata progressivamente affermando, quindi, una linea evolutiva dell’ordinamento che, sia in ambito giurisdizionale che amministrativo, di pari passo con il superamento di un approccio esclusivamente punitivo e repressivo al crimine organizzato, tende alla individuazione di svariati strumenti alternativi di tipo preventivo e di controllo, calibrati sul diverso grado di interferenza criminale, che mirano, sulla base di un giudizio prognostico, a salvaguardare la continuità dell’attività dell’impresa nella prospettiva terapeutica di una sua bonifica e successiva riabilitazione.
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Vulcano, Le modifiche del decreto-legge n. 152/2021 al codice antimafia: il legislatore punta sulla prevenzione amministrativa e sulla compliance 231 ma non risolve i nodi del controllo giudiziario, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11