ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

Sequestro di dispositivi di comunicazione mobile finalizzato all’acquisizione di messaggistica memorizzata sugli stessi (chat, email, sms, mms): la nota della Procura Generale di Trento

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Segnaliamo ai lettori la circolare della Procura Generale di Trento (dott. Giovanni Ilarda) – inviata alla Procura Generale presso la suprema Corte di Cassazione nonché a tutti i Procuratori Generali presso le varie Corti di Appello – in merito alle modalità operative da adottare nel caso di sequestro di dispositivi di comunicazione mobile finalizzato all’acquisizione di messaggistica memorizzata sugli stessi (chat, email, sms, mms).

Tra i tanti temi toccati dalla Procura Generale di Trento quello del rispetto del principio di proporzionalità, il quale impone che «il sequestro sia rigorosamente mantenuto sui soli dati della copia forense rilevanti ai fini delle indagini, in quanto il sequestro probatorio è consentito solo per le cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti (art. 253, co. 1, c.p.p.), con conseguente obbligo di estrazione dei soli dati d’interesse e restituzione della copia integrale, perché quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate sono restituite (devono essere restituite) a chi ne abbia diritto (art. 262, co. 1, c.p.p.)».

Un riversamento agli atti del procedimento della copia forense nella sua interezza – prosegue la nota – «comprendente anche chat o messaggi con contenuto irrilevante per il processo, implica, invece, un’inammissibile ed illecita diffusione di dati che attengono alla sfera personale, intima ed inviolabile di ogni individuo e non è assolutamente consentito, perché comporta, inevitabilmente, fra l’altro, la possibilità di divulgazione di fatti lesivi dell’onorabilità e della reputazione della persona, di dati penalmente irrilevanti che possono, però, risultare devastanti per la vita dei soggetti coinvolti (anche se estranei al procedimento) e che quando riguardano l’attività di operatori economici, rendendo conoscibili know how o strategie riservate d’impresa possono anche alterare l’ordinario andamento del mercato con grave danno per l’economia nazionale o di un determinato territorio, nonché la conoscibilità e tracciabilità di orientamenti politici, tendenze sessuali, convincimenti religiosi, rapporti sentimentali, dati sanitari e altri dati sensibili non solo della persona sottoposta ad indagini, ma anche di soggetti del tutto estranei e persino di minorenni».

Nel provvedimento si affronta anche il tema della cd. “copie forensi“: talora, infatti, «oltre ad un unico esemplare della copia forense finalizzata, come sopra evidenziato, alla selezione dei dati rilevanti, viene disposta anche la formazione di ulteriori copie da mettere a disposizione della polizia giudiziaria, autorizzando persino il riversamento dei dati in ulteriori (quantitativamente e qualitativamente non determinati) supporti informatici».

Anche tali copie – si legge nella circolare – «di cui non risulta la finalità e la cui formazione appare di dubbia legittimità, vanno in ogni caso immediatamente restituite all’avente diritto o distrutte, unitamente a qualunque duplicato riversato in qualsiasi altro supporto informatico, una volta effettuata la selezione dei soli dati rilevanti risultanti dalla copia forense. Si deve, infatti, escludere che dati privi di spessore probatorio in relazione al reato per il quale si procede possano rimanere definitivamente nella disponibilità, in qualsiasi forma, della polizia giudiziaria, perché ciò comporterebbe di fatto, nel tempo, la formazione di veri e propri archivi di massa paralleli distinti dal CED istituito presso il Ministero dell’Interno […] che rimarrebbero definitivamente a disposizione della polizia contenenti dati personalissimi anche di soggetti del tutto estranei ad una qualsiasi indagine penale dai quali risultano anche contatti, tendenze sessuali, opinioni polifitiche, credo religioso, stato di salute, rapporti sentimentali e di amicizia, segreti industriali, segreti professionali o altri dati sensibili o che attengono, comunque, alla sfera più intima della persona, al suo patrimonio o all’attività d’impresa e la cui riservatezza è tutelata anche a livello costituzionale e sovranazionale».

Redazione Giurisprudenza Penale

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