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Caso Cospito: l’ordinanza con cui la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale

Corte d’Assise d’Appello di Torino, Sez. II penale
Ordinanza, 19 dicembre 2022

Segnaliamo ai lettori – in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda (relativa al procedimento nei confronti di Alfredo Cospito) – l’ordinanza con cui la seconda sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 c.p., nella formulazione vigente a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui, relativamente al delitto punito dall’art. 285 c.p., prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 311 c.p. sulla recidiva di cui all’art. 99 comma 4 c.p.

La questione riguarda, in particolare, l’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 311 c.p., secondo la quale «le pene comminate per i delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».

Quanto alla posizione del solo Alfredo Cospito – si legge nell’ordinanza – «essendo lui stato già dichiarato recidivo reiterato con valutazione ormai coperta da giudicato, assume valore decisivo la valutazione circa la legittimità costituzionale della previsione del divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità prevista dall’art. 311 c.p. sulla fattispecie di cui all’art. 99 comma 4 c.p. (tale divieto è sancito in termini generali dall’art. 69 comma 4 c.p. nella versione vigente a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 3 del 2005, che risulta applicabile al caso concreto in considerazione della data del commesso reato)».

Quanto alla rilevanza della questione – prosegue la Corte – «se venisse affermata l’illegittimità costituzionale della norma censurata, infatti, non sarebbe destinata ad operare la disciplina prevista dall’art. 69 comma 3 c.p., bensì quella indicata dal secondo comma della medesima norma: ciò comporterebbe conseguenze decisive dal punto di vista del trattamento sanzionatorio, questione che, è bene ribadire, costituisce l’unica devoluta a questa Sezione della Corte d’Assise d’appello».

Soltanto affermando la prevalenza della circostanza attenuante prevista dall’art. 311 c.p. sulla recidiva ex art. 99 comma 4 c.p. – conclude la Corte – «potrebbe trovare applicazione il disposto dell’art. 65 comma 1 n. 2 c.p. Discende da questa premessa che il reato più grave fra quelli di cui l’odierno imputato è stato ritenuto responsabile (per cui sussiste il vincolo della continuazione con quelli di associazione con finalità di terrorismo, fabbricazione, detenzione e porto d’armi ed esplosivi a fini di terrorismo, attentato per finalità terroristiche ed istigazione a delinquere) non sarebbe più punito con l’ergastolo, bensì con una pena di durata compresa fra i venti ed i ventiquattro anni di reclusione».

Redazione Giurisprudenza Penale

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