La Corte di cassazione francese conferma il diniego dell’estradizione dei membri delle Brigate Rosse.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Nel 2020 le autorità italiane avevano chiesto l’estradizione di alcuni terroristi degli anni di piombo, ex militanti di estrema sinistra, in gran parte legati alle Brigate Rosse, da anni residenti in Francia, per l’esecuzione della pena dell’ergastolo alla quale erano stati condannati fra il 1983 e il 1995.
Considerata la gravità dei fatti oggetto delle condanne, nel 2022 aveva destato scalpore nel nostro paese la notizia che la Chambre de l’Instruction di Parigi aveva rigettato la richiesta di estradizione.
Lo scorso 28 marzo, la Corte di cassazione francese ha confermato il rigetto dell’estradizione con una pronuncia definitiva.
Le ragioni alla base del rigetto sono essenzialmente due, entrambe fondate sul rilievo che una eventuale consegna alle autorità italiane avrebbe comportato la violazione della Convenzione EDU.
Violazione dell’art. 6 CEDU – Diritto ad un equo processo
L’articolo 6, così come interpretato nella giurisprudenza della Corte EDU, stabilisce fra l’altro che uno Stato parte della Convenzione, quando chiede l’estradizione di una persona, ha l’obbligo di garantire che essa, una volta estradata, non sia esposta a un evidente diniego di giustizia, che può derivare, in particolare, dall’impossibilità di ottenere un nuovo giudizio, quando la persona sia stata condannata in contumacia senza avere avuto piena conoscenza del procedimento.
La Corte francese ha rilevato che i soggetti richiesti erano stati condannati in contumacia, con sentenza esecutiva e definitiva, senza che vi fosse prova della loro conoscenza del procedimento. Al tempo stesso, la legge italiana non garantisce al condannato in contumacia il diritto ad un nuovo giudizio.
Conseguentemente, nel caso di specie l’estradizione si sarebbe posta in violazione del diritto ad un equo processo.
A ben vedere, in passato è più volte accaduto che la Corte EDU abbia condannato l’Italia proprio per questa lacuna normativa [cfr. ad esempio Corte EDU, Somogyi c. Italia; Corte EDU, Sejdovic c. Italia; Corte EDU, Huzuneanu c. Italia, quest’ultima con commento di Nicola Canestrini).
Violazione dell’art. 8 CEDU – Diritto al rispetto della vita privata e familiare
Ai sensi dell’articolo 8 ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare e non vi può essere ingerenza da parte di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto, a meno che tale ingerenza non sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, si renda necessaria, in particolare, per garantire l’ordine pubblico o prevenire la commissione di illeciti penali.
La Corte ha rilevato che i soggetti richiesti erano presenti sul territorio francese ininterrottamente per decenni, erano perfettamente integrati nella società francese per la loro situazione coniugale, familiare e professionale, e avevano reciso ogni legame con l’Italia.
Sulla base di queste motivazioni, i giudici francesi hanno concluso che l’estradizione avrebbe avuto un impatto sproporzionato sulla vita privata e familiare dei soggetti richiesti.