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Patteggiamento, revisione e diritto alla riparazione dell’errore giudiziario: la sentenza della Cassazione nei confronti di Giulia Ligresti

Cassazione Penale, Sez. IV, 13 marzo 2023 (ud. 8 febbraio 2023), n. 10423
Presidente Dovere, Relatore Vignale

Segnaliamo ai lettori la pronuncia con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa al rapporto tra diritto alla riparazione dell’errore giudiziario (art. 643 c.p.p.) e esito del giudizio di revisione che abbia comportato la revoca di una sentenza di applicazione della pena.

Con l’ordinanza impugnata – si legge nella pronuncia – la Corte di appello di Milano aveva, infatti, «ritenuto che la richiesta di patteggiamento, quale “manifestazione di volontà direttamente causale rispetto alla sentenza di applicazione della pena e, dunque, all’atto in cui si concretizza l’errore giudiziario», integri una «condotta dolosa” ostativa al riconoscimento del diritto».

I giudici di legittimità, nell’annullare l’ordinanza rinviando per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano, hanno affermato che «la causa dell’errore giudiziario accertato con la revisione di una sentenza di patteggiamento non può essere rappresentata (come l’ordinanza impugnata sostiene) dalla richiesta di applicazione della pena, ma deve essere individuata esaminando le ragioni per cui la revisione è stata disposta».

A tal fine, nei casi di revisione disposta ai sensi dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), «si dovranno indagare le concrete ragioni per le quali il fatto dimostrativo della causa di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. ritenuto esistente nel giudizio di revisione non è emerso nel giudizio concluso con l’applicazione della pena. Si dovrà valutare, quindi, se la “nuova prova” sia sopravvenuta alla sentenza di patteggiamento o sia stata scoperta successivamente ad essa, ovvero, pur preesistente, non sia stata acquisita o esaminata in quel giudizio e ci si dovrà chiedere se questa evenienza sia stata determinata dal comportamento doloso o colposo dell’interessato».

Nei casi – come quello in esame – «in cui la revisione sia stata disposta ai sensi dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. a), sarà necessario comprendere in che modo si sia formato il materiale di indagine che ha determinato la ricostruzione del fatto storico emersa nella sentenza di patteggiamento e quali circostanze concrete abbiano portato altra sentenza definitiva al diverso (e inconciliabile) accertamento dei fatti. Si dovrà valutare, quindi, se tale diversa ricostruzione del fatto storico sia stata determinata dal comportamento dell’imputato prosciolto a seguito di revisione e se tale comportamento sia connotato da dolo o colpa grave».

Ad avviso della Corte, dunque, «tra i comportamenti da considerare a tal fine non c’è la richiesta di patteggiamento che, insieme al consenso del pubblico ministero, è il presupposto perché sia pronunciata una sentenza ex art. 444 c.p.p., ma non è la causa dell’errore giudiziario. Un errore che, diversamente da quanto afferma la Corte di appello, non sta nella sentenza di applicazione della pena, bensì nelle ragioni che ne hanno determinato la revisione».

Tra l’altro – si evidenzia – «mentre l’art. 314 c.p.p. considera ostativo all’equo indennizzo l’aver dato causa o concorso a dar causa, per dolo o colpa grave, all’ingiusta privazione della libertà personale, l’art. 643 stabilisce che il diritto alla riparazione debba essere negato soltanto a chi ha “dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario”; esclude, dunque, la rilevanza ostativa di condotte concausali, ancorché caratterizzate da dolo o colpa grave».

Redazione Giurisprudenza Penale

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