La Corte costituzionale sul valore del contesto spazio-temporale nel porto di arma impropria “tipica”
Corte costituzionale, 10 luglio 2023 (ud. 22 marzo 2023), n. 139
Presidente Sciarra, Relatore Modugno
Si segnala la sentenza n. 139 del 2023 con cui la Corte costituzionale è intervenuta sulla questione circa la rilevanza delle circostanze di tempo e di luogo nel caso di porto di arma impropria tipica o nominata.
Il Tribunale di Lagonegro, con ordinanza del 14 gennaio 2022 (in G.U. n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2022), aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, prima parte della Legge n. 110/1975, nella misura in cui non prevede, ai fini della integrazione dell’illecito, la sussistenza di circostanze di tempo e di luogo atte a prefigurare un pericolo concreto di utilizzo dello strumento in danno di terzi, come invece si richiede per gli oggetti di cui alla seconda parte del medesimo comma (strumenti “innominati” o “atipici”).
Veniva denunciata con quella ordinanza la violazione degli articoli 3, 25 e 27 Cost., sotto il profilo: 1) della necessaria offensività del fatto, assente o particolarmente deficitaria nei casi in cui il soggetto agente, pur non avendo voluto o saputo esternare il motivo del porto, abbia operato in contesti dai quali non traspaia il pericolo di offesa alla persona; 2) della funzione rieducativa della pena, difficilmente attuabile laddove il soggetto agente sia punito per un fatto non concretamente offensivo.
La Corte costituzionale ha ritenuto le questioni non fondate.
In primo luogo, la Consulta ha ritenuto coerente il dettato normativo dell’art. 4 comma 2, prima parte L. 110/1975, ove non prevede quali elementi strutturali del reato la presenza delle circostanze di tempo e di luogo atte a prefigurare un rischio di uso lesivo nei confronti della collettività. Infatti, il legislatore ha correttamente scelto di adottare un approccio di maggior rigore nei confronti del soggetto agente, il quale abbia portato fuori della propria abitazione o delle sue appartenenze un’arma impropria c.d. nominata che, sebbene di portata potenzialmente meno lesiva di quella posseduta da alcuni strumenti “innominati” (es. bastoni, martelli), secondo massime empiriche è più frequentemente rivolta all’uso illecito.
Sotto il profilo della compatibilità con la categoria dell’offensività “in astratto”, la Consulta ha intanto ritenuto ragionevole l’anticipazione della tutela allo stadio del pericolo presunto, tenuto conto degli interessi in gioco (incolumità pubblica) e del fatto che ragionevolmente l’ordinamento possa considerare altamente rischioso per l’incolumità dei terzi che taluno porti con sé uno strumento lesivo, sebbene per natura principalmente devoluto a fini leciti, fuori della propria abitazione o delle pertinenze, e non ne voglia o sappia rendere noto il motivo. Altro è – rileva incidentalmente la Corte – la tenuta della teoria giurisprudenziale maggioritaria secondo cui il motivo debba necessariamente essere espresso e reso riscontrabile al momento del controllo di polizia, circostanza che, ad esempio, non si richiede nell’affine fattispecie di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli (art. 707 c.p.); sarebbe, al più, quest’ultimo il profilo astrattamente suscettibile di essere sottoposto ad un vaglio di sostenibilità sul piano costituzionale (cfr. par. 4.2.1. del Considerato in diritto).
Sotto il profilo della compatibilità con la categoria dell’offensività in concreto, invece, rammenta il Giudice delle leggi come resti comunque rimesso al prudente apprezzamento dell’interprete in sede applicativa la valutazione sulle possibilità di produzione dell’evento lesivo. Argomenta la Corte nel senso che, mentre nel caso dei reati di pericolo concreto il giudice deve verificare se «alla luce delle specifiche circostanze sussistesse una seria probabilità della verificazione del danno», «nei reati di pericolo presunto, il giudice deve escludere la punibilità di fatti pure corrispondenti alla formulazione della norma incriminatrice, quando alla luce delle circostanze concrete manchi ogni (ragionevole) possibilità di produzione del danno» (par. 4.2.2. del Considerato in diritto).
Chiosa quindi la Corte costituzionale prescrivendo al giudice di eseguire un penetrante vaglio sui caratteri del pericolo, potendo egli escludere la punibilità per il reato in oggetto (porto di arma impropria tipica) alla luce delle caratteristiche dell’oggetto e/o delle «condizioni spazio-temporali del porto, qualora esse dimostrino l’inesistenza di qualsiasi (apprezzabile) pericolo di tale utilizzazione» (ibidem).