Indeterminatezza del capo d’imputazione: è legittima l’ordinanza di nullità pronunciata dal Giudice del dibattimento
Cassazione Penale, Sezioni III, 28 giugno 2023 (ud. 23 febbraio 2023), n. 28037
Presidente Ramacci, Relatore Gentili
Non è abnorme l’ordinanza pronunciata dal Tribunale dibattimentale che dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo d’imputazione.
Applicando tale principio la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della Procura della Repubblica di Catania, che contestava come il giudice del dibattimento (per mero errore materiale indicato in sentenza come GUP) avesse pronunciato l’ordinanza senza previa sollecitare il P.M. a provvedere all’integrazione dell’imputazione, ritenuta carente ai sensi dell’art. 429 c.p.p.
In particolare, il Giudice di primo grado siciliano aveva ritenuto indeterminati i capi d’incolpazione contestati a due persone giuridiche, dal momento che “non emergerebbe la inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza da parte degli enti in questione da cui, appunto, deriva, ove questa abbia reso possibile la commissione di reati da quanti operavano per conto dell’ente, la responsabilità di quest’ultimo”.
La Cassazione ha ritenuto legittima l’ordinanza, segnalando innanzitutto il superamento dell’orientamento delle Sezioni Unite Battistella, in base a una diversa interpretazione per cui “in caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone li giudizio, ai sensi dell’art. 429, comma 2, cod. proc. pen. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 552, comma 2, dello stesso codice), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, li meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare iI Pm alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell’imputazione”.
Tale indirizzo, inoltre, troverebbe conforto anche nella modifica introdotta con il D.Lgs. 150/2022 (cd. Riforma Cartabia) all’art. 421, c.1, c.p.p., che prevede espressamente l’onere del Giudice per l’udienza preliminare (e non del dibattimento) di invitare il P.M. a riformulare l’accusa viziata; solo qualora il Pubblico Ministero non provveda, potrà dichiararsi nulla la richiesta di rinvio a giudizio.
Secondo la Cassazione, “la circostanza che il legislatore, di fronte ad una situazione di incertezza applicativa, abbia inteso disciplinare la descritta fattispecie con esclusivo riferimento alla fase della udienza preliminare, rende ancora più evidente la riferibilità del meccanismo processuale solo e soltanto a tale ipotesi e non anche a quella del processo dibattimentale (…); limitando alla sola fase della udienza preliminare la necessaria interlocuzione fra Gup e Pm, volta ad assicurare la precisione e chiarezza della contestazione giudiziale emendandone, ove possibile, gli eventuali vizi”.