Bancarotta: sulla rilevanza, nell’ottica di pregiudicare la garanzia dei creditori, di atti dispositivi effettuati in periodi di normale operatività dell’impresa
Cassazione Penale, Sez. V, 19 aprile 2024 (ud. 28 febbraio 2024), n. 16414
Presidente Pezzullo, Relatore Cuoco
Segnaliamo ai lettori, in tema di bancarotta fraudolenta, la sentenza con cui la Corte di cassazione è tornata sul tema della rilevanza, nell’ottica di pregiudicare la garanzia dei creditori, di atti dispositivi effettuati in periodi di normale operatività dell’impresa.
Ove vi sia uno stretto rapporto cronologico tra l’atto dispositivo che diminuisce la garanzia dei creditori rispetto alla successiva procedura concorsuale – si legge nella pronuncia – “la manifestazione dei presupposti storici di questa (nella forma della crisi di impresa o in quella della insolvenza o del dissesto) rende particolarmente agevole la ricostruzione della fattispecie normativa con riferimento al caso concreto, poiché diviene del tutto evidente la natura non solo pericolosa ma anche concretamente depauperativa dell’azione e la rimproverabilità soggettiva del suo autore che, della determinazione del pericolo, non può protestare un’imputazione a titolo di responsabilità oggettiva“.
Il problema ermeneutico può nascere “quando quel rapporto cronologico non vi sia. In questi casi, occorre tener presente che l’imprenditore può dare dinamicamente a singoli propri beni destinazioni che non necessariamente collidono ed anzi possono coesistere col principio di responsabilità di cui all’art. 2740 cc, essendo egli semmai tenuto alla conservazione del valore del patrimonio nel suo complesso“.
L’imprenditore – ha ricordato la Corte – è, infatti, “abilitato a fare spese personali o per la famiglia la cui entità non deve essere neppure assiomaticamente minima – se la condizione economica glielo consente – e non è perseguibile neppure a titolo di bancarotta semplice se, ancora quando le sue condizioni sono favorevoli, impiega una parte contenuta del suo patrimonio in operazioni imprudenti“.
Ne deriva che il pericolo che caratterizza la fattispecie “deve essere correlato alla idoneità dell’atto di depauperamento a creare un vulnus all’integrità della garanzia dei creditori in caso di apertura di procedura concorsuale, con un’analisi che deve riguardare in primo luogo l’elemento oggettivo, per investire poi in modo omogeneo l’elemento soggettivo e che certamente deve poggiare su criteri di valutazione ex ante, in relazione alle caratteristiche complessive dell’atto stesso e della situazione finanziaria della società“.
La decisione di merito – prosegue il collegio – “deve dar conto della connotazione del fatto in termini di pericolo concreto e della riconoscibilità del dolo generico sulla base di una puntuale analisi della fattispecie concreta in tutte le sue peculiarità, ricercando possibili (positivi o negativi) “indici di fraudolenza“.
Indici rinvenibili – si conclude – “nella disamina del fatto distrattivo o dissipativo alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e della congiuntura economica in cui la condotta si è realizzata; nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’imprenditore rispetto ad altre imprese coinvolte nei fatti depauperativi; nella “distanza” (e, segnatamente, nell’irriducibile estraneità) del fatto generatore di uno squilibrio tra attività e passività rispetto a qualsiasi canone di ragionevolezza imprenditoriale“.