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Abrogazione dell’abuso d’ufficio: il Tribunale di Firenze solleva questione di legittimità costituzionale

Tribunale di Firenze, Sez. III, Ordinanza, 24 settembre 2024
Presidente dott.ssa Paola Belsito, Relatore dott. Alessio Innocenti 

Segnaliamo ai lettori, in merito alla recente abrogazione dell’abuso d’ufficio, l’ordinanza con cui il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 1, comma 1, lett. b) della Legge 9 agosto 2024, n. 114 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2024 ed entrata in vigore il 25 agosto 2024) nella parte in cui abroga l’art. 323 c.p., per violazione degli articoli 97, 11 e 117, comma 1, Cost. (in relazione agli obblighi discendenti dagli artt. 7, comma 4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione – cd. Convenzione di Merida – adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di ratifica ed esecuzione in Italia con l. 3 agosto 2009, n. 116).

La scelta legislativa di abrogazione del delitto di cui all’art. 323 c.p. – si legge nell’ordinanza – «non pare riconducibile ad un legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore, ma si prospetta come arbitraria, atteso che:

– da un lato, non si è tenuto di conto che le ragioni poste a sostegno della spinta riformatrice (la c.d. “paura della firma” o “burocrazia difensiva”) erano di fatto venute meno (sopravvivendo, forse, solo sul piano, del tutto irrilevante, soggettivo e psicologico di singoli funzionari) in ragione delle recenti riforme e del successivo (ed ormai consolidato) orientamento giurisprudenziale di legittimità e dei principi enunciati dalla Corte costituzionale;

– dall’altro lato, non appare adeguatamente ponderato (e men che meno contenuto o neutralizzato) l’effetto dirompente che può avere la riforma, per il venir meno dell’effetto general-preventivo spiegato dalla presenza nell’ordinamento di una norma di chiusura che – seppur ormai relegata ad operare in casi eccezionali di particolare ed obiettiva gravità – evitava il dilagare di condotte dolosamente arbitrarie e lasciava ai cittadini uno strumento attraverso cui ricorrere alla magistratura».

Sul medesimo tema, abbiamo recentemente pubblicato anche la memoria con cui la Procura di Reggio Emilia, nel processo Bibbiano, ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale.

Redazione Giurisprudenza Penale

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