Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato (art. 578 c.p.p.): la Corte di Appello di Lecce solleva questione di legittimità costituzionale
Corte di Appello di Lecce, Ordinanza, 13 dicembre 2024
Presidente dott. Francesco Ottaviano, Relatore dott. Giuseppe Biondi
Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Lecce ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale – in relazione all’art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell’art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., quali parametri interposti degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., nonché in relazione agli artt. 3 e 27, comma 2, Cost. – dell’art. 578, comma 1, c.p.p., nella parte in cui stabilisce che, quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili, e non prevede, invece, che, analogamente alla norma di cui al comma 1-bis dell’art. 578 c.p.p., se l’impugnazione non è inammissibile, il giudice di appello (o la Corte di cassazione) rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.
In via subordinata, la Corte di Appello di Lecce ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale – in relazione all’art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell’art. 117, comma 1, Cost., e in relazione agli artt. 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., quali parametri interposti degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. – dell’art. 578, comma 1, c.p.p., per come interpretato dal “diritto vivente” rappresentato dalle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione n. 35490/09 imp. Tettamanti e n. 36208/2024, Calpitano c/ Moscuzza, nella parte in cui si afferma che “nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito“.