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Caso Almasri: l’ordinanza della Corte di Appello di Roma

Corte di Appello di Roma, Sez. IV, Ordinanza ex. Legge 237/2012 CPI, 21 gennaio 2025
Presidente dott. Flavio Monteleone, Giudici dott. Francesco Neri – Aldo Morgigni

Segnaliamo ai lettori, in considerazione dell’interesse mediatico e giuridico della vicenda, l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Roma ha disposto l’immediata scarcerazione di Najeem Osema Almasri Habish «in assenza di richiesta di applicazione di misura cautelare da parte del Procuratore Generale per mancata trasmissione degli atti della Corte penale internazionale di competenza ministeriale».

La Corte di Appello ha condiviso la richiesta del Procuratore Generale, il quale – come si legge nel provvedimento – aveva chiesto ai giudici di «dichiarare la irritualità dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il Ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte Penale Internazionale (Ministro interessato da questo Ufficio in data 20 gennaio u.s., immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito»).

La procedura in concreto attuata dagli operanti – si legge nell’ordinanza – «è stata quella prevista per le procedure estradizionali dall’art. 716 c.p.p., che prevede la possibilità dell’arresto d’iniziativa da parte della polizia giudiziaria dei soggetti attinti da mandati di arresto internazionale a fini estradizionali. Diversamente la Legge 237/2012 (con la quale è stato recepito nel nostro ordinamento lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale di cui alla L.232/1999) non prevede tale possibilità per l’Autorità di polizia giudiziaria ma prescrive una procedura analiticamente scandita dall’art. 11 per i casi in cui la richiesta di consegna da parte della Corte penale internazionale sia già pervenuta e dall’art. 14 per i casi in cui tale richiesta non sia ancora pervenuta, ma la Corte p.i. faccia richiesta di Applicazione provvisoria della misura cautelare».

Anche in quest’ultimo caso, «la procedura da applicare è comunque quella di cui all’art. 11, che non prevede alcun intervento d’iniziativa della polizia giudiziaria. Ciò posto, sembra appena il caso di osservare che la procedura applicativa della misura cautelare prevista dalla predetta normativa speciale, prescrive una prodromica e irrinunciabile interlocuzione tra il Ministro della Giustizia e la procura generale presso la corte d’appello di Roma ( competenza espressamente individuata dalla norma stessa), in ossequio al principio sancito nell’art. 2, comma 1, della stessa Legge 237/2012, secondo il quale “i rapporti tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della Giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito».

Dalle considerazioni sopra svolte «si evince agevolmente che, nella fattispecie è stata, invece, eseguita la procedura “d’iniziativa” della polizia giudiziaria, prevista dall’art. 716 c.p.p. ma non dalla normativa prevista nella fattispecie. E’ vero che il richiamo effettuato dall’art. 3 della L.237/2012 alla applicabilità – “ove non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto” – delle norme contenute nel libro undicesimo, titoli II, III e IV del c.p.p. consente di ritenere la procedura di consegna su mandato della Corte penale internazionale sistematicamente inquadrabile tra quelle estradizionali previste dal titolo II, ma la applicazione delle norme richiamate dal predetto art. 3 della legge è possibile soltanto laddove la legge stessa non abbia provveduto sul punto. Orbene, in punto di applicazione della misura cautelare, la Legge 237/2012 – in applicazione dello Statuto istitutivo della C.p.i. di cui alla L.232/1999 – ha prescritto analiticamente il relativo procedimento, in cui non v’è una previsione attinente alla possibilità di intervento “di iniziativa” della polizia giudiziaria, dovendo tale procedimento irrinunciabilmente passare dalla: 1. Ricezione degli atti da parte del Ministro della Giustizia, “al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito” (art. 2, comma 1); 2. Trasmissione degli atti dal Ministro della Giustizia alla procura generale presso la corte d’appello di Roma (“il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, ricevuti gli atti, … OMISSIS) art. 11, comma 1; 3. Richiesta del procuratore generale alla corte d’appello, per l’applicazione della misura cautelare (“OMISSIS … ricevuti gli atti, chiede alla medesima corte d’appello l’applicazione della misura della custodia cautelare”) art. 11, comma 1».

Tali circostanze – conclude la Corte di Appello – «precludono la possibilità di ritenere applicabile nella fattispecie il disposto di cui all’art. 716 c.p.p. che costituisce un sostanziale diverso intervento non inserito dal legislatore nella procedura in questione ed al quale, per tale ragione, non può farsi riferimento attraverso il richiamo dell’art. 3 sopra detto. Poiché la procedura di applicazione della misura cautelare è stata dalla Legge 237 /2012, come detto, specificamente scandita in tutti i suoi passaggi, deve inequivocamente accedersi al principio secondo cui ‘ubi lex voluit dixit’, in virtù del quale l’arresto d’iniziativa della polizia giudiziaria nella procedura di consegna su mandato della Corte p.i. deve ritenersi escluso in quanto non espressamente previsto dalla normativa speciale che, come detto, ha specificamente previsto ogni adempimento relativo alla compressione dello status lbertatis della persona; ciò anche in considerazione dell’evidente spessore che una tale previsione (art. 716 c.p.p.) avrebbe nel procedimento».

Redazione Giurisprudenza Penale

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