ARTICOLIDIRITTO PENALEIN PRIMO PIANO

La Cassazione interviene sull’ambito di operatività della nuova fattispecie di “indebita destinazione di denaro o cose mobili” (art. 314-bis c.p.) e sul rapporto con il peculato

Cassazione Penale, Sez. VI, 4 febbraio 2025 (ud. 23 ottobre 2024), n. 4025
Presidente Fidelbo, Relatore D’Arcangelo

Segnaliamo ai lettori una recente pronuncia con cui la sesta sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sulla nuova fattispecie di indebita destinazione di denaro o cose mobili di cui all’art. 314-bis c.p. introdotto dal decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92.

Art. 314-bis c.p. – Indebita destinazione di denaro o cose mobili
Fuori dei casi previsti dall’articolo 314, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e l’ingiusto vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto sono superiori ad euro 100.000.

Il nuovo reato di indebita destinazione – si legge nella sentenza – «presenta, sul piano del fatto tipico oggettivo, il medesimo presupposto e l’oggetto materiale della condotta del peculato: il soggetto attivo del reato, pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, deve, infatti, avere, «per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui. Parimenti il reato di cui all’art. 314-bis cod. pen. presenta più elementi dell’abuso d’ufficio: sul piano oggettivo, la condotta di destinazione del bene ad uso diverso deve contrastare, così come avveniva sotto l’art. 323 cod. pen., come modificato nel 2020, con specifiche disposizioni di legge o con atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità; corrispondente è, inoltre, l’evento del reato (l’ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri, in alternativa all’altrui danno ingiusto) e l’elemento soggettivo, costituito dal dolo intenzionale».

Non è certo casuale – prosegue la sentenza – «la scelta del legislatore di non riproporre il lemma “distrae”, ma di utilizzare il diverso predicato verbale “destina”, proprio al fine di evitare equivoci in ordine alla volontà di reintrodurre una distinzione tra peculato per appropriazione e per distrazione non più contemplata nel codice penale dal 1990».

I giudici della sesta sezione non hanno condiviso l’argomento difensivo – secondo cui, la collocazione sistematica dell’art. 314-bis cod. pen. «a ridosso dell’art. 314 cod. pen. e la clausola di riserva con la quale si apre la fattispecie inducono a ritenere che questa disposizione disciplini attualmente tutte le condotte di peculato per distrazione» – osservando come la disposizione di cui all’art. 314-bis cod. pen. «esordisca con una clausola di riserva ( «[F]uori dai casi previsti dall’art. 314») proprio per regolare il concorso apparente tra le fattispecie di reato di peculato e di indebita destinazione di denaro o cose mobili. Con questa clausola di riserva “determinata”, in quanto riferita ad una specifica disposizione, il legislatore ha inteso escludere un’incidenza della nuova fattispecie sull’ambito applicativo dell’art. 314 cod. pen., per come interpretato dal diritto vivente».

Se la nozione di “appropriazione” che connota la condotta del reato di peculato, infatti, non ricomprendesse anche quello di “distrazione” – osserva la Corte – «non vi sarebbe alcuna interferenza tra le disposizioni di cui agli articoli 314 e 314-bis cod. pen., in quanto le due fattispecie contemplerebbero due condotte del tutto distinte e irrelate; in nessun caso, infatti, una “destinazione” di beni per finalità diverse da quelle pubbliche, ma pur sempre compatibile con la realizzazione di interessi pubblici, potrebbe essere ascritta alla nozione di “appropriazione”».

La tipicità della fattispecie di cui all’art. 314-bis cod. pen., dunque, «si staglia una volta esclusa la ricorrenza della fattispecie di peculato di cui all’art. 314 cod. pen. Il legislatore, dunque, consapevole del diritto vivente, ne ha preso atto e, con la previsione della clausola di riserva contenuta nell’art. 314-bis cod. pen., ha inteso mantenerne inalterato l’ambito applicativo del delitto di peculato, per come delineato dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità».

Le condotte di distrazione qualificabili come peculato, dunque, «non sono suscettibili di diversa qualificazione per effetto dell’introduzione del delitto di cui all’art. 314-bis cod. pen., e, pertanto, rimangono punibili ai sensi dell’art. 314 cod. pen. Sono questi i casi in cui la condotta distrattiva integra un’effettiva appropriazione perché la res è sottratta in modo definitivo dalla finalità pubblica per conseguire finalità private proprie o altrui».

Con riferimento a queste ipotesi di “distrazione appropriativa” «vi è, dunque, continuità nella qualificazione giuridica e, di conseguenza, nella risposta sanzionatoria, sempre affidata all’art. 314 cod. pen. L’art. 314-bis cod. pen., dunque, non interferisce e non costituisce lex mitior rispetto alle condotte di peculato per distrazione, che esulano del tutto dall’ambito applicativo della fattispecie di indebita destinazione».

La nuova fattispecie di reato, coerentemente con la ragione della sua introduzione, «sottrae, invece, le condotte di indebita destinazione di denaro o cose mobili, ritenute nell’assetto previgente quale condotte di abuso di ufficio, all’irrilevanza penale conseguente all’abolitio criminis di tale reato, per evitare il contrasto con gli obblighi di criminalizzazione derivanti dal diritto dell’Unione europea». Al contempo, l’art. 314-bis cod. pen. «esclude la riespansione dell’ambito applicativo del reato di peculato con riferimento a tali classi di condotte, in quanto chiarisce, in negativo, che la deviazione dal fine pubblico non integra sempre e comunque peculato».

La nuova fattispecie di indebita destinazione, dunque, «interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’art. 323 cod. pen., cioè quelle consistenti nel “mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche”, pur sempre compatibili con i fini istituzionali dell’ente di appartenenza dell’agente pubblico».

La locuzione “destina ad un uso diverso, infatti, «in forza della clausola di riserva determinata utilizzata dal legislatore (che esclude in radice interferenze tra le condotte di “distrazione appropriativa” e di “abuso distrattivo”), implica pur sempre l’immanenza di una finalità pubblica, che, per quanto differente da quella prevista dal legislatore, deve pur sempre essere presente». Le condotte di indebita destinazione, «originariamente ascrivibili alla fattispecie di abuso di ufficio, stante la continuità nella rilevanza penale del fatto (a fronte dell’omogeneità di elementi strutturali di fattispecie), continueranno, dunque, ad essere punibili ai sensi dell’art. 314-bis cod. pen. e si applicherà, ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen. la lex mitior costituita dalla nuova cornice edittale».

Il legislatore, «rispetto alle condotte di indebita destinazione punibili dalla disciplina previgente come abuso (distrattivo) d’ufficio, ha, tuttavia, inteso realizzare un’abrogatio sine abolitione parziale, rendendo non più punibili le condotte che non abbiano comportato violazione di specifiche disposizioni di legge o di disposizioni che lasciano residuare margini di discrezionalità del pubblico agente».

Un’ulteriore riduzione dello spazio di rilevanza penale delle condotte di indebita destinazione in precedenza ascrivibili al reato di abuso di ufficio – conclude la sentenza – «si realizza in relazione al presupposto della condotta: il possesso o la disponibilità della res, richiesto dall’art. 314-bis cod. pen., sul modello del peculato, è, infatti, presupposto più stringente, e quindi maggiormente selettivo, rispetto a quello allora previsto dall’art. 323 cod. pen., che utilizzava la formula “nello svolgimento delle funzioni o del servizio”. Vi sarà, inoltre, abolitio criminis per le condotte distrattive aventi ad oggetto beni immobili, nell’assetto previgente punibili ai sensi dell’art. 323 cod. pen., ma attualmente non più contemplate dall’art. 314-bis cod. pen.».

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com