ARTICOLIDALLA CONSULTA

La Corte Costituzionale in tema di sovraffollamento carcerario – C. Cost. 279/2013

Corte Costituzionale, Sent. n. 279 depositata il 22 novembre 2013 (ud. 9 ottobre 2013)
Presidente Silvestri, Relatore Lattanzi

Depositata il 22 novembre scorso la pronuncia numero 279 del 2013 in tema di sovraffollamento carcerario.

Questi i fatti: il Tribunale di sorveglianza di Venezia e il Tribunale di sorveglianza di Milano sollevavano, in riferimento agli articoli 2, 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti: CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 147 del codice penale «nella parte in cui non prevede, oltre ai casi ivi espressamente contemplati, l’ipotesi di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena quando essa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità».
Escludendo in tale caso il differimento dell’esecuzione, la norma impugnata – secondo i giudici rimettenti – violerebbe l’art. 27, terzo comma, Cost.; l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 della CEDU, così come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; gli artt. 2 e 3 Cost., dovendosi intendere la dignità umana quale diritto inviolabile, «presupposto dello stesso articolo 27 Cost.».
Entrambe le ordinanze, per motivare il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 della CEDU, fanno riferimento alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, 8 gennaio 2013, Torreggiani contro Italia, relativa ai ricorsi di sette detenuti che avevano lamentato di essere stati sottoposti a un trattamento inumano e degradante, per il sovraffollamento e per altre condizioni di degrado delle celle nelle quali erano stati costretti a vivere. E’ noto che la Corte europea ha riscontrato che i ricorrenti, nel corso della detenzione, avevano avuto a disposizione nelle loro celle uno spazio vitale individuale di tre metri quadrati, ulteriormente ridotto dalla presenza di mobilio, e ha ritenuto che la carenza di spazio costituisse «di per sé» un trattamento contrario alla Convenzione, ulteriormente aggravato da altre situazioni ambientali denunciate, quali la mancanza di acqua calda e di un’illuminazione e una ventilazione sufficienti. Di qui la conclusione che vi era stata violazione dell’art. 3 della CEDU.

La Consulta, dopo aver osservato che ciò che emerge è un fenomeno che, pur con intensità diverse, sta investendo da tempo il sistema penitenziario italiano e ha ormai determinato una situazione che non può protrarsi – data l’attitudine del sovraffollamento carcerario a pregiudicare i connotati costituzionalmente inderogabili dell’esecuzione penale e ad incidere, comprimendolo, sul “residuo” irriducibile della libertà personale del detenuto – ha, tuttavia, specificato come il sovraffollamento non possa essere contrastato con lo strumento indicato dai rimettenti, che, se pure potesse riuscire a determinare una sensibile diminuzione del numero delle persone recluse in carcere, giungerebbe a questo risultato in modo casuale, determinando disparità di trattamento tra i detenuti, i quali si vedrebbero o no differire l’esecuzione della pena in mancanza di un criterio idoneo a selezionare chi debba ottenere il rinvio dell’esecuzione fino al raggiungimento del numero dei reclusi compatibile con lo stato delle strutture carcerarie.
Il messaggio dei giudici costituzionali è chiaro: non spetta a questa Corte individuare gli indirizzi di politica criminale idonei a superare il problema strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario, tuttavia, non ci si può esimere dal ricordare le indicazioni offerte al riguardo dalla citata sentenza Torreggiani, laddove richiama le raccomandazioni del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che invitano al più ampio ricorso possibile alle misure alternative alla detenzione e al riorientamento della politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, oltre che a una forte riduzione della custodia cautelare in carcere.
Nel dichiarare l’inammissibilità delle questioni sollevate (inammissibili per la pluralità di soluzioni normative che potrebbero essere adottate oltre che per l’assenza di criteri in base ai quali individuare il detenuto o i detenuti nei cui confronti il rinvio può essere disposto) la Corte conclude ricordando come non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa in ordine al grave problema del sovraffollamento carcerario.

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Redazione Giurisprudenza Penale

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