ARTICOLIdelitti contro la pubblica amministrazioneDIRITTO PENALEParte speciale

Concussione: sulla minaccia da parte del pubblico ufficiale di adottare atti legittimi

Cassazione Penale, Sez. VI, 28 gennaio 2014 (ud. 14 novembre 2013), n. 3722
Presidente Milo, Relatore Di Stefano

E’ stata depositata il 28 gennaio 2014 la pronuncia numero 3722 in tema di reati contro la pubblica amministrazione.

Questi i fatti così come riportati in sentenza: due funzionari della Agenzia delle Entrate effettuavano un controllo a carico di un bar sito in Milano e, rilevate anomalie di gestione sotto il profilo tributario e previdenziale – prospettando al titolare gravi conseguenze in caso di formalizzazione degli accertamenti – lo inducevano ad accettare un pagamento in loro favore perchè non procedessero a denunciare le dette irregolarità.
Al fine della conclusione di tale accordo illecito, -condotta che le ulteriori indagini dimostravano essere frequente per i due funzionari – questi ultimi chiedevano che il proprietario facesse agire quale intermediario il suo commercialista. Intervenuto costui su iniziativa della vittima, vi era quindi un incontro ove i due imputati e il commercialista si accordavano per il pagamento di una cifra che veniva indicata in Euro 1.000,00, e che i funzionari avrebbero ritirato presso lo studio del commercialista.
Il titolare del bar denunciava i fatti alla GdF, sospettando anche del proprio commercialista, per cui concordava con gli operanti una consegna “controllata” del denaro. Consegnava 1.000,00 Euro al commercialista, con banconote “segnate”; i due funzionari si recavano nello studio del commercialista e all’uscita, sottoposti a controllo, risultavano avere Euro 800,00 proveniente dalla somma anzidetta. In sede di perquisizione nello studio, nella cassaforte veniva rinvenuta la restante somma di Euro 200,00. Il commercialista veniva così condannato, sia in primo grado sia in appello, per concorso in concussione ex art. 110 e 317 c.p.

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso dell’imputato fondato solo con riferimento alla qualificazione del fatto accogliendo le deduzioni difensive secondo cui il fatto, alla luce delle modifiche intervenute con la legge n. 190 del 2012, integrerebbe il reato di cui all’art. 319 quater c.p. e non quello di cui all’art. 317 c.p.
La Corte ha affermato che il fatto rientra nella nuova ipotesi di reato di cui all’art. 319 quater c.p., in continuità normativa rispetto alla concussione nella forma previgente (la successione normativa fra il previgente testo dell’art. 317 c.p., quello introdotto dalla L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 75, e quello del nuovo ed autonomo art. 319 quater c.p., si colloca all’interno del peculiare fenomeno della successione di leggi penali, disciplinato dall’art. 2 c.p., comma 4, Sez. 6, Sentenza n. 21701 del 07/05/2013).
Infatti – concludono i giudici – i pubblici ufficiali avevano prospettato alla vittima un danno in sè lecito in quanto sarebbe conseguito ad un loro doveroso accertamento di irregolarità fiscali effettivamente sussistenti, prospettando quindi un male “giusto“, ipotesi rientrante nella nuova figura normativa.
Tra i precedenti conformi si rinvia a Cass. Pen., Sez. VI, 25/02/2013, n. 13047 secondo cui “A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, la minaccia, di qualsivoglia tipo o entità, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio; sussiste, invece, il delitto di induzione indebita, di cui all’art. 319 quater cod. pen., qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, per farsi dare o promettere il denaro o l’utilità prospetti, con comportamenti di persuasione o di convinzione, la possibilità di adottare atti legittimi, ma dannosi o sfavorevoli. (Nella specie, la Corte ha qualificato come induzione indebita, ex art. 319 quater cod. pen., la condotta di un sottufficiale della guardia di finanza che, nell’esercizio di attività di verifica, aveva prospettato al titolare di un’azienda il rilievo di gravi irregolarità fiscali, effettivamente sussistenti, e si era, quindi, fatto promettere una consistente somma di danaro“).