Sentenza Google: assoluzione in Cassazione per la diffusione del video del ragazzo disabile
Cassazione Penale, Sez. III, 3 febbraio 2014 (ud. 17 dicembre 2013), n. 5107
Presidente Mannino, Relatore Andronio, P. G. Fraticelli
Depositata il 3 febbraio 2014 la sentenza Google (pronuncia numero 5107 della terza sezione penale) relativa alla nota vicenda del video raffigurante un soggetto affetto da sindrome di Down che veniva preso in giro con frasi offensive e azioni vessatorie da parte di altri soggetti minorenni (vedi l’articolo del Corriere della Sera Google e il ragazzo down: una causa mondiale).
Il 21 dicembre 2012 la Corte d’appello di Milano riformava la pronuncia di primo grado evidenziando che il D.Lgs. n. 196 del 2003 non impone all’Internet provider di rendere edotto l’utente circa l’esistenza e i contenuti della legislazione sulla privacy; si escludeva, inoltre, la configurabilita di un concorso omissivo nel reato contestato nonché la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla disposizione incriminatrice, sul rilievo che gli imputati non erano preventivamente a conoscenza del filmato e dell’immissione del dato personale illecitamente trattato e sull’ulteriore rilievo della incompatibilità giuridica di detto dolo specifico col dolo eventuale individuato dal Tribunale in capo agli imputati.
La Corte di Cassazione, dopo aver fatto il punto sul quadro normativo di riferimento, ha respinto il ricorso della Procura osservando come: a) il video raffigurante un soggetto affetto da sindrome di Down ingiuriato e preso in giro dai suoi compagni proprio in relazione alla sua particolare sindrome era stato caricato su Google video, servizio di Internet hosting, all’insaputa di tale soggetto; b) nei giorni 5 e 6 novembre 2006 alcuni utenti avevano segnalato la presenza del video sul sito e ne avevano chiesto la rimozione; c) la rimozione era stata chiesta dalla Polizia postale il 7 novembre 2006; d) in quello stesso giorno il video era stato rimosso dal provider.
La posizione di Google Italia S.r.l. e dei suoi responsabili – affermano i giudici della terza sezione – è quella di mero Internet host provider, soggetto che si limita a fornire una piattaforma sulla quale gli utenti possono liberamente caricare i loro video; video del cui contenuto restano gli esclusivi responsabili. Ne consegue che gli imputati non sono titolari di alcun trattamento e che gli unici titolari del trattamento dei dati sensibili eventualmente contenuti nei video caricati sul sito sono gli stessi utenti che li hanno caricati, ai quali soli possono essere applicate le sanzioni, amministrative e penali, previste per il titolare del trattamento dal Codice Privacy.
Circa i responsabili della violazione, deve quindi ribadirsi che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – questi sono da identificarsi con gli utenti che hanno caricato il video sulla piattaforma Google video e non con i soggetti responsabili per la gestione di tale piattaforma, trattandosi, come già ampiamente visto, di un mero servizio di hosting. Ed è proprio la natura del servizio reso ad escludere la fondatezza dei rilievi svolti dal Procuratore generale, non essendo configurabile alcun obbligo generale di controllo in capo ai rappresentanti di Google Italy s.r.l., gestore del servizio stesso.
Si ritiene, pertanto, di escludere in radice la configurabilità – sotto il profilo oggettivo ancora prima che sotto quello soggettivo – di una responsabilità penale dell’Internet host provider.