Sentenza di condanna e fumus commissi delicti: vale sempre il principio dell’assorbimento?
Il presente elaborato si pone l’obiettivo di rappresentare – tramite una breve nota di commento alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 71/1996 – una particolare problematica relativa al sistema processuale penale italiano.
Quest’ultima è costituita dal c.d. principio dell’assorbimento nel rapporto tra la sentenza emessa dal Tribunale di primo grado ed il Riesame innanzi al Tribunale della libertà ai sensi dell’art. 309 c.p.p., in altri termini, l’arduo bilanciamento tra l’applicabilità delle misure cautelari nei confronti di un individuo con la correlata decisione nel merito da parte del Giudice.
Se proprio con riferimento a tale nucleo argomentativo è nota la prassi secondo la quale, una volta intervenuta una decisione nel giudizio di merito, anche se non ancora definitiva, resta ormai precluso al Giudice della cautela fornire una difforme ricostruzione della vicenda operata in sede di giudizio – considerando altresì che il procedimento incidentale de libertate può essere incardinato solo quando non siano state depositate le motivazioni della sentenza di condanna – è doveroso verificare se le prassi giurisprudenziale testè indicata possa valere incondizionatamente per tutti i casi possibili.
Ciò premesso, gli scriventi pongono il seguente quesito di diritto: nell’ambito del principio ermeneutico del bilanciamento di interessi, può apparire incostituzionale (per violazione degli artt. 3, 13, 24, 111 Cost.) che il principio di non contraddizione del sistema decisorio (tra Giudice della Libertà e Tribunale del merito) prevalga rispetto alla presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino a che non sia passato in giudicato il provvedimento nel merito?