ARTICOLIDIRITTO PENALELegilsazione speciale

Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: sulla sussistenza della giurisdizione italiana

Cassazione Penale, Sez. I, 27 marzo 2014 (ud. 28 febbraio 2014), n. 14510
Presidente Giordano, Relatore Caprioglio, P.G. D’Ambrosio

Si segnala la pronuncia numero 14510 della prima sezione penale con la quale la i giudici di Piazza Cavour hanno riconosciuto la giurisdizione italiana con riferimento al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ogni qualvolta l’azione di “trasporto” – pur esauritasi in acque extraterritoriali – si sia conclusa con l’abbandono in mare dei migranti al fine di provocare l’intervento dei soccorsi e far sì che i trasportati venissero accompagnati nel tratto di acque territoriali dalle navi dei soccorritori.
La Cassazione ha così annullato l’ordinanza del Tribunale di Catania con la quale era stata disposta la liberazione dell’imputato (accusato di aver preso parte alle operazioni di trasporto) per mancanza di giurisdizione: secondo il Tribunale, infatti, il reato di cui all’art. 12 d.lgs. 286/1998 doveva ritenersi commesso in acque internazionali e maltesi, non potendosi ravvisare come consumato nel nostro Stato neppure un segmento della condotta illecita intesa in senso naturalistico, essendosi esaurita in acque extraterritoriali ogni condotta ascrivibile all’indagato. Contro l’ordinanza proponeva ricorso il Pm presso la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania.

La Corte di Cassazione era dunque chiamata a pronunciarsi sulla sussistenza o meno della giurisdizione italiana in casi – come quello di specie – che si caratterizzano per la presenza di due distinte condotte: la condotta illecita della c.d. nave madre che salpa dalle coste dell’Africa con a bordo gli immigrati e si esaurisce nelle acque extraterritoriali; e la condotta “terminale” dell’azione criminosa conducente alla realizzazione del risultato (ossia lo sbarco dei clandestini sul nostro territorio) che è riportabile, al contrario, alla attività assolutamente lecita delle navi intervenute a soccorso dei naufraghi.
La cd. nave madre proveniente da paesi dell’area nord africana, infatti, mentre attraversa le acque internazionali viene solitamente affiancata da più piccole imbarcazioni, senza bandiera, cui viene rimessa la realizzazione del risultato (sbarco sulle coste italiane) non prima che venga lanciata la richiesta di aiuto, più che giustificata in ragione delle condizioni del natante e delle condizioni del mare. Tale procedura – osservano i giudici – è il frutto di un accorto disegno, rivolto a preservare il natante principale ed il suo equipaggio da possibili attività di captazione investigativa ad opera delle forze dell’ordine dei paesi Europei, tenendolo al riparo dall’esercizio della giurisdizione nei paesi di approdo, strumentalizzando il rischio fatto correre ai trasportati al fine di provocare l’intervento dei servizi di soccorso in mare degli stati Europei costieri ed in particolare dell’Italia, in osservanza di una strategia criminale mirante a fare apparire lo sbarco come il risultato dell’ultimo segmento di attività, riconducibile all’opera dei soccorritori

Così inquadrata la procedura di trasporto, la Corte di si è pronunciata in merito alla sussistenza della giurisdizione italiana e alla legittimità della azione dei soccorritori.

Quanto al primo aspetto, deve affermarsi il seguente principio di diritto: la giurisdizione dello stato italiano va riconosciuta, laddove in ipotesi di traffico di migranti dalle coste africane alla Sicilia, questi siano abbandonati in mare in acque extraterritoriali su natanti del tutto inadeguati, onde provocare l’intervento del soccorso in mare e far sì che i trasportati siano accompagnati nel tratto di acque territoriali dalle navi dei soccorritori, operanti sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, poiché l’azione di messa in grave pericolo per le persone, integrante lo stato di necessità, è direttamente riconducibile ai trafficanti per averlo provocato e si lega, senza soluzione di continuità, al primo segmento della condotta commessa in acque extraterritoriali, venendo così a ricadere nella previsione dell’art. 6 c.p.

Quanto al secondo, deve affermarsi il seguente principio: l’azione dei soccorritori – che di fatto consente ai migranti di giungere nel nostro territorio – è da ritenere scriminata ai sensi dell’art. 54 comma 3 c.p., in termini di azione dell’autore mediato, operante in ossequio alle leggi del mare, per lo stato di necessità provocato e strumentalizzato dai trafficanti e quindi a loro del tutto riconducibile e quindi sanzionabile nel nostro Stato, ancorché materialmente questi abbiano operato solo in ambito extraterritoriale.

Redazione Giurisprudenza Penale

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